Formazione: il ‘cattivo’ è solo Genovese? Che dire di chi, da due anni, non paga i lavoratori?

L’ANALISI – DOVEROSA – SULLE SPECULAZIONI IN QUESTO SETTORE NON PUO’, PERO’, LIMITARSI AL PASSATO. NON PUO’ SFUGGIRE AGLI OCCHI DELLE TANTE ‘AUTORITA’ IL TENTATIVO, TUTT’ORA IN ATTO, NON DI PRIVATIZZARE ATTIVITA’ FORMATIVE E SERVIZI DEL LAVORO, MA DI SCARICARE NELLE TASCHE DEI PRIVATI I FONDI PUBBLICI CHE DOVREBBERO SERVIRE ALLA COLLETTIVITA’

Alla fine l’unico che deve pagare per i disastri della formazione professionale siciliana è Francantonio Genovese. Su di lui si sono pronunciati i giudici del Tribunale del riesame di Messina. A loro parere, per il parlamentare nazionale del PD gli arresti domiciliari non bastano. L’onorevole Genovese, non abbiamo capito quando, dovrà tornare in cella (l’ordinanza, a quanto pare, non è esecutiva: lo diventerà per termini o in seguito a un pronunciamento della Cassazione).

Francantonio Genovese, è noto, è finito sotto inchiesta e poi arrestato – con tanto di autorizzazione da parte della Camera dei deputati – per l’inchiesta sullo scandalo dei corsi di formazione professionale di Messina e dintorni (truffa e frode fiscale i reati ipotizzati). Nei guai è finita anche la moglie di Genovese.

Noi non siamo esperti in questa materia. Ma, da cittadini, ci chiediamo: non c’è un’eccessiva severità, da parte della magistratura, nei confronti dell’onorevole Genovese? In fondo Genovese è agli arresti domiciliari. E non ci sembra il tipo che possa scappare.

Detto questo, la vicenda di Genovese ci offre l’occasione per riflettere su due questioni.

La prima riguarda il fatto – oggettivo – che a pagare per una lunga stagione di malversazioni operate dalla politica nella formazione professionale siciliana sia, alla fine, il solo Genovese.

La seconda questione riguarda il raffronto tra la formazione professionale siciliana di qualche anno fa – della quale Genovese è stato uno dei tanti politici che ne hanno incarnato vezzi e vizi – e lo scenario odierno. Raffronto molto interessante, sotto il profilo dell’amoralità politica, come cercheremo di illustrare.

Vediamo il primo aspetto. La formazione professionale, in Sicilia, non ha mai brillato. Normata ai tempi di Piersanti Mattarella con la legge regionale n. 24 del 1976, è nata come servizio pubblico.

Oggi è di moda parlarne male. Ma va detto che la formazione della legge 24 – a parte i ritardi nei pagamenti ai discenti e ai docenti e qualche ‘cresta’ nelle forniture – ha accompagnato la Sicilia per oltre vent’anni, assicurando una sufficiente formazione nel settore dei servizi e, in parte, anche per quel poco d’industria che c’è in Sicilia.

Per il resto, la formazione è stata, tutto sommato, lo specchio della fragilità del sistema economico siciliano. Diventando, in molti casi, Stato sociale, non senza degenerazioni clientelari dove hanno sguazzato per anni Cgil Cisl e Uil.

Con molta probabilità, l’anno d’inizio della svolta è il 1996. A vincere le elezioni regionali è il centrodestra. Che si ritrova alla guida del Governo della Regione siciliana con due formazioni politiche – Forza Italia e Alleanza nazionale – senza rappresentanza nel mondo della formazione.

Teniamo presente che, in quegli anni, per la formazione la Regione spendeva tra 250 e 300 miliardi di vecchie lire all’anno.

Ci si sarebbe aspettati, da Forza Italia e An, una svolta nella gestione di questo settore. Invece, da parte di queste due forze politiche, si registra soltanto la ricerca spasmodica di un’occupazione famelica di spazi all’interno della formazione. Molto peggio di quanto facevano democristiani e socialisti.

Chi scrive ricorda di aver lavorato a un’inchiesta su questo settore con Riccardo Gueci – che oggi collabora a LinkSicilia – nel lontano 1997. Servizi pubblicato su l‘Inchiesta Sicilia nei quali si descriveva, da un lato, una formazione professionale intesa come mezzo surrettizio per finanziare Cgil, Cisl e Uil; dall’altro lato, l’arrembaggio di alcuni esponenti del centrodestra ‘impegnatissimi’ a organizzare quello che, di fatto, altro non era che un sistema di clientele uguale, se non peggiore, a quello dei partiti della cosiddetta Prima Repubblica.

Ricordiamo, in particolare, un assessore regionale al Lavoro di An (allora la riforma ‘intelligente’ che nel 2009 avrebbe messo insieme Istruzione e Formazione era di là da venire e la Formazione – com’è giusto che sia – andava insieme alle politiche del Lavoro), Carmelo Briguglio, che si portò in provincia di Messina una caterva di corsi di formazione (quasi un segno del destino, a giudicare dai problemi giudiziari che hanno travolto il già citato Genovese).

Come finì questa storia non l’abbiamo mai capito. Ma la vicenda – sotto il profilo politico – era piuttosto grave. Perché, per ‘tradizione consociativa’, a Sala d’Ercole, gli assessori ‘appapponi’ non hanno mai avuto lunga vita (questo spiega buona parte dei problemi dell’attuale assessore Nelli Scilabra e, soprattutto, di chi sta dietro di lei) .

Infatti Briguglio durerà poco. Il tempo di costruirsi il proprio sistema di corsi (dalla metà degli anni ’80 in poi ogni assessore regionale al Lavoro in carica si costruiva un proprio ente e, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, le proprie società che venivano ogni anno finanziate) e cedere il testimone al proprio compagno di partito, Raffaele Stancanelli.

Di professione avvocato, Stancanelli, catanese (sarà anche Sindaco della città Etnea), ricoprirà il ruolo di assessore regionale al Lavoro imprimendo una svolta radicale al settore. In positivo e in negativo. In positivo, perché sarà il primo assessore a utilizzare appieno i fondi europei, oltre ai fondi regionali; in negativo perché è con lui – e grazie ad opportune leggi approvate dall’Ars – che nel settore entrano a pieno titolo le società di capitali, soppiantando, di fatto, l’impostazione che alla Formazione aveva dato la Regione siciliana di Piersanti Mattarella, ovvero un settore pubblico e senza finalità di lucro.

Dalla fine degli anni ’90 fino al 2012, in materia di formazione professionale, succede di tutto. Gli enti formativi diventano i ‘bocconi prelibati’ della politica siciliana. Quasi tutti gli enti storici finiscono tutti sotto scacco.

E’ in questo periodo che il settore subisce un cambiamento che abbiamo già definito radicale. Pur con tutti i limiti, la formazione professionale degli enti storici e di Cgil, Cisl e Uil era un servizio rivolto alla collettività. Al massimo, si eccedeva nelle assunzioni, si speculava un po’ nelle forniture e si aggiustava tutto con i ‘fondi dell’anno dopo’, cioè pagando tutti in ritardo. Ma pagando.

Con l’avvento delle società di capitale – controllate tutte dai politici – la formazione si trasforma in una grande ‘macchina politica’ autoreferenziale. Alimentata da una crescita della spesa che passa da 250-300 miliardi di lire l’anno a 450 miliardi di lire l’anno: 300 miliardi di lire di fondi regionali e 150 miliardi di lire di fondi europei all’anno.

Questo, grosso modo, è lo scenario che Totò Cuffaro eredita nel 2001, quando si insedia per la prima volta alla presidenza della Regione.

Un altro politico di cui si parla male – spesso a sproposito – è Cuffaro. Che, sulla formazione, ha il solo torto non aver nemmeno provato a fermare la ‘macchina’ che si era messa in moto nel 1996 e che, dal 1999, procede a tutta velocità.

Quelli che vanno dal 2001 al 2012 sono gli anni della follia. La formazione professionale siciliana diventa privata e ‘politica’ a tutti gli effetti. I politici che stanno dietro il settore o acquistano con proprie società dai vecchi enti, o costituiscono direttamente nuove società nel settore.

Resistono pochissimi enti storici. Che sono comunque costretti ad assumere personale in eccesso sotto la spinta di una politica eternamente in campagna elettorale.

E’ in questo scenario che si inserisce la vicenda di Francantonio Genovese, erede politico, a Messina e dintorni, di una grande tradizione elettorale (suo zio, fratello di sua mamma, era il più volte Ministro democristiano Nino Gullotti) e imparentato con grandi imprenditori della Città dello Stretto.

Insomma, a Genovese non mancano certo i soldi per entrare nel settore della Formazione. Ma non è il solo politico siciliano che lo fa. E non è nemmeno il più spregiudicato.

A questo punto noi ribadiamo una tesi che abbiamo scritto altre volte: a nostro avviso, quello di Genovese, nella Formazione, è un investimento ‘politico’ e non affaristico.

Genovese ha deciso di fare politica a tempo pieno. Ha fatto il Sindaco di Messina e il segretario regionale dei Democratici di Sinistra. E poi il parlamentare. Ma, soprattutto, ha ampliato la base elettorale utilizzando la formazione. Ma a noi non sembra l’unico ‘pescecane’ di questo settore. Anzi, se proprio la dobbiamo dire tutta, ci sembra molto meno ‘pescecane’ di tanti altri.

Probabilmente – e questa è una nostra tesi – in questo settore è molto meno abile di altri a ‘far di conto’, avendo delegato ad altri – magari suoi parenti – certi aspetti che oggi gli vengono rinfacciati. Ma ormai è infognato. Da una magistratura che a Messina – questo dobbiamo riconoscerlo – sui guasti della formazione professionale è andata fino in fondo.

Andiamo, adesso, al secondo punto della nostra ricostruzione: il raffronto tra la formazione professionale ai tempi di genovese e quella attuale.

Con molta probabilità, quello che diremo adesso non piacerà a qualcuno. Ma noi lo diciamo lo stesso.

La formazione professionale siciliana prima dell’avvento delle società private – parliamo della formazione targata legge regionale n. 24 del 1976 – pur con tutti i limiti, funzionava. C’erano degenerazioni, ma funzionava.

La formazione professionale siciliana dal 1996 al 2012, bene o male, funzionava. Con un aumento impressionante di speculatori e speculazioni. Forse la qualità non era delle migliori. Probabilmente con un numero eccessivo, quasi patologico non tanto di enti, quanto di società. Anche questa formazione, bene o male, non ha lasciato sul campo ‘morti e feriti’.

La formazione professionale siciliana di Rosario Crocetta e di Nelli Scilabra, molto semplicemente, non c’è.

L’attuale Governo ha un progetto – che non è stato mai messo nero su bianco e consegnato all’Ars – ma che è piuttosto chiaro: non privatizzazione della formazione professionale ma – e questo il passaggio fondamentale – trasferimento dei fondi pubblici della formazione professionale ai privati. Idem per i Servizi per il lavoro, che il Governo Crocetta, al pari della formazione, non vuole privatizzare: vuole soltanto trasferire i fondi pubblici di questo settore ai privati.

Per questo è sbagliato parlare di ‘privatizzazione della formazione professionale siciliana e dei servizi del lavoro.

Il Governo Crocetta non sta dicendo ai privati: organizzatevi con i vostri soldi la formazione e i Servizi per il lavoro. Il Governo Crocetta sta dicendo ai privati: noi vi diamo una caterva di soldi pubblici e voi gestite la formazione e i Servizi per il lavoro. E noi ‘facciamo politica’…

Da questa constatazione oggettiva si evincono almeno tre elementi.

Il primo elemento è che il Governo Crocetta non è un Governo di sinistra. E’ un Governo che sta consegnando la gestione di due settori, formazione e lavoro – o meglio, le ingenti risorse finanziarie (per lo più fondi europei e, in parte, fondi nazionali) – ai privati.

Il secondo elemento riguarda il personale. Nel progetto che il Governo Crocetta porta avanti ci sono 10 mila lavoratori in più. Che debbono essere eliminati. Mille e 800 il Governo li ha già licenziati (i dipendenti degli Sportelli multifunzionali). Ne deve eliminare altri 8 mila circa. E lo sta facendo sfiancandoli. Non pagandoli. Con la sponda oggettiva di sindacati che, a turno, forse senza rendersene conto, sono andati dietro a questo Governo siglando, di volta in volta, accordi che lo stesso Governo ha disatteso.

Il Governo Crocetta sta sfruttando, anche, il fatto che molti lavoratori della formazione, vuoi perché non sono dei lottatori, vuoi perché non sono abituati allo scontro sociale, non si stanno difendendo. E’ incredibile, infatti, che dopo due anni di presa in giro da parte del Governo regionale non ci sia ancora stata una sollevazione popolare contro il governatore Crocetta e, soprattutto, contro un’approssimativa gestione dell’assessorato regionale alla Formazione.

Il terzo elemento non è meno importante dei primi due. Come ha segnalato una nostra lettrice, i fondi destinati alla formazione sono a destinazione vincolata. Invece stiamo scoprendo che una parte di questi fondi – e una parte dei fondi destinati alle politiche attive del lavoro – vengono destinati a società esterne all’Amministrazione regionale.

Di fatto, con il Governo Crocetta la situazione è peggiorata. Ma, almeno fino ad ora, non ci sono stati né scioperi seri – della durata di settimane con occupazioni – né interventi da parte delle autorità.

Il ‘cattivo’ Genovese i dipendenti li pagava. Il Governo Crocetta e l’assessore Scilabra, al di là delle parole, non pagano i dipendenti.

Anche questo è un fatto oggettivo. Così com’è oggettivo il tentativo, finora solo in parte riuscito, di scaraventare i soldi pubblici nella tasche dei privati.

Il resto sono chiacchiere che lasciamo al presidente Crocetta. Un personaggio che di chiacchiere vive.


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