Formazione, chiedere i bilanci alle società del settore

La rivoluzione in Sicilia è iniziata con i fatti e non più con le parole.  E’ la prima volta che in Sicilia più del  50 per cento dei componenti della giunta di governo è rappresentato da donne.  Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ha cambiato volto all’azione di governo in discontinuità col passato. Uno start-up senza precedenti . Ed allora crescono le aspettative anche nel settore della formazione professionale.

In diversi ambienti si rafforza il convincimento che i benefici potranno ricadere anche nel martoriato sistema formativo siciliano.  Tutto dipenderà dalla capacità di mantenere un rapporto equilibrato tra azione di governo e aspettative della politica di riferimento. La preoccupazione è sempre la stessa: come riuscirà il neo assessore regionale per l’Istruzione e Formazione professionale, Nelli Scilabra, a tenere a bada l’esuberanza degli ex Margherita. Un gruppo folto di parlamentari regionali e nazionali appartenenti alla corrente “Innovazione” del Pd, il cui  fondatore,  l’ex sindaco di Messina e deputato a Roma, Francantonio Genovese, ha investito enormi capitali nel settore. Ma prescindendo dai giochi politici, proviamo a ragionare sulle possibili innovazioni da apportare al settore della formazione professionale. (sopra, a sinistra, il nuovo assessore regionale alla Formazione professionale, Nelli Scilabra, foto tratta da corrieredelmezzogiorno.corrier)

A nostro avviso, servirebbero provvedimenti di impatto ed immediata attuazione. Cominciando, per esempio, da dove ha finito Ludovico Albert. Il già dirigente generale del dipartimento al ramo aveva più volte richiamato l’attenzione degli operatori del settore in merito alla caratterizzazione di attività d’impresa realizzata dagli Enti di formazione professionale. E per far questo ha disapplicato l’impianto normativo regionale regolato dalla legge n. 24 del 6 marzo 1976 e successive modifiche ed integrazioni. Non a caso la gran parte dei soggetti beneficiari di finanziamenti a valere sull’Avviso 20/2011 è composto da società di capitali. Ed allora perché non chiedere il deposito in assessorato regionale dei bilanci delle società di capitali operanti nella formazione professionale?

E’ opportuno precisare che tutte le imprese che svolgono attività commerciale devono redigere il bilancio. Per le società di capitali, in particolare, la redazione del bilancio viene regolata da diversi articoli contenuti nel codice civile. L’art.2423 del codice civile (c.c.) afferma che gli amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio costituito da: Stato patrimoniale, Conto economico e Nota integrativa. Il bilancio deve essere accompagnato da una relazione sulla gestione che descriva l’andamento della società (art.2428 c.c.) e da una relazione dei sindaci o revisori dei conti il cui scopo è di  lare e vigilare sull’operato degli amministratori e sulla conformità del bilancio alle leggi.

Peraltro, è opportuno rilevare che le società di capitali hanno l’obbligo di rendere pubblico il bilancio. Ciò si attua depositando il bilancio, entro 30 giorni dalla sua approvazione, presso il registro delle imprese che si trova presso la Camera di Commercio (art. 2435 c.c.). Sarebbe utile conoscere i conti degli Enti formativi operanti nella forma giuridica delle società di capitali anche per meglio comprendere la verità sui debiti accumulati e con ogni probabilità non coperti. Operare con fondi pubblici dovrebbe spingere verso una “adeguata forma di trasparenza” nei conti e di pubblicizzazione di costi e ricavi. Quindi un bilancio veritiero, chiaro e corretto.

Non è la soluzione di tutti i mali, ce ne rendiamo conto, ma potrebbe essere l’inizio di un nuovo corso. Un nuovo modo di regolare le relazioni tra amministrazione regionale ed Enti di formazione, i quali operando per l’ottenimento del profitto dovrebbero operare nella più totale trasparenza nelle partite di “dare” e “avere”. Un controllo ex ante ed ex post che potrebbe aumentare la credibilità del settore della formazione professionale, offuscata da due anni di confusione amministrativa. Una maniera efficace per comprendere le dinamiche intorno a determinate scelte aziendali legate all’utilizzo del finanziamento comunitario nei casi in cui la società opera con altri assets (altra attività societarie).

 


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