Forconi, divisi verso le elezioni regionali Da Forza Nuova a Crocetta, o in solitaria

«Il più grande rimpianto è non aver continuato la protesta, bastava ormai qualche manganellata di un poliziotto e sarebbe scoppiata la rivoluzione». Era la terza settimana di gennaio e la Sicilia era paralizzata dallo sciopero dei Forconi e degli autotrasportatori. Centinaia di presidi in tutta l’isola, centomila persone scese in strada per protestare contro la Serit, il caro carburanti, la casta e il sistema. Mariano Ferro, leader di un movimento variegato ma compatto, ricorda quasi con nostalgia quei giorni. «Potevamo insistere e forse sarebbe servito – spiega – ma ha prevalso lo spirito di responsabilità». Nove mesi dopo, ritroviamo i protagonisti di quella settimana impegnati in campagna elettorale, candidati alle prossime elezioni regionali che si svolgeranno il 28 e 29 ottobre.

Ognuno con un suo simbolo, divisi da opposte letture politiche, ambizioni personali e presunti tradimenti. C’è chi ha deciso, almeno per ora, di correre da solo. È il caso del trio Mariano Ferro-Giuseppe Scarlata-Franco Crupi. Chi, come il marsalese Martino Morsello, si ritrova insieme a Forza Nuova e Vittorio Sgarbi a sostenere Cateno De Luca, sindaco di Santa Teresa di Riva, paesino del Messinese, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio, tentata concussione e falso. Franco Calderone, infine, ha scelto la via più moderata e ha trovato posto nella vasta area che sostiene Rosario Crocetta, candidato presidente di Pd, Udc e Api.

Il primo a prendere la strada della politica era stato Martino Morsello, imprenditore di Marsala, coordinatore della parte occidentale dell’Isola durante le proteste dell’inverno

Martino Morsello

scorso. Un precursore a suo modo, visto che già il 12 gennaio, quattro giorni prima dell’inizio del grande sciopero e all’insaputa dei suoi colleghi movimentisti, aveva depositato il simbolo dei Forconi – quello con la Sicilia di colore giallo su sfondo blu – al tribunale di Marsala. Con quel simbolo adesso si ripresenta, dopo l’esperienza in chiaroscuro delle elezioni comunali di maggio dove Morsello era candidato sindaco nella sua città. «Stampare picciuli aiuta i cittadini, stampare euro ingrassa i banchieri», è uno degli slogan della sua campagna elettorale che prevede anche la sovranità militare della Sicilia, l’indipendenza dall’Italia, la lotta alla burocrazia e il reddito minimo garantito. In nome dell’autodeterminazione dei popoli si spinge anche a sostenere il referendum per l’indipendenza veneta. «No al Muos e alle basi militari di Sigonella, sì ad una polizia direttamente controllata dal presidente della Regione come prevede lo Statuto siciliano», precisa Morsello.

Ma il punto forte del programma resta la possibilità di stampare moneta. «Una regione che si rende indipendente economicamente è indipendente in tutto – sottolinea – È questo che lega le varie anime dell’alleanza». Già, perché il movimento dei Forconi che fa capo a Morsello sostiene il candidato presidente Cateno De Luca che ha riunito sotto la sigla Rivoluzione siciliana l’estrema destra di Forza Nuova, l’ex sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi e l’avvocato Carlo Taormina. «Sgarbi è l’antisistema per eccellenza – spiega Morsello – È il nostro Grillo, ma con idee più chiare. Mentre su Forza Nuova ci sono troppe speculazioni, in fondo assomiglia a Potere Operaio degli anni ’70, porta idee nuove, per questo dà fastidio alle forze dell’ordine». In attesa di essere giudicata dagli elettori, Rivoluzione Siciliana ha lanciato l’esperimento di una nuova moneta a Santa Teresa di Riva, il paesino dove è stato sindaco De Luca. «Si chiamerà “Picciuli” e l’adesione dei commercianti sarà su base volontaria», precisano gli ideatori.

Mariano Ferro, l’imprenditore agricolo di Avola, è il candidato presidente della lista I Forconi. Insieme a lui sono rimasti i fedelissimi: il nisseno Giuseppe Scarlata e Franco Crupi, che ha lasciato gli agrumeti di Paternò per seguire la campagna elettorale. «Abbiamo

Mariano Ferro e Giuseppe Scarlata

appena raccolto 70 euro tra i nostri simpatizzanti per mettere la nafta nelle macchine. Adesso da Modica possiamo spostarci a Lentini», racconta Ferro. Una campagna elettorale low cost e vecchio stile, una piccola carovana in giro per l’Isola con gli altoparlanti sui tetti delle macchine. «Una bella avventura, ma anche una follia perché il sistema non ci permette di parlare ai cittadini», denuncia il leader di Avola che nei giorni scorsi ha inviato una lettera agli organi di informazione siciliani per chiedere di dedicare a tutti i candidati il giusto spazio. Lo slogan lo hanno preso in prestito da Barack Obama, trasformando il suo Yes, we can in Si può fare, o nella versione siciliana Cia putemu fari.

Franco Crupi

Nessun rimpianto per i compagni persi per strada. «Meglio così, erano delle palle al piede; il peso politico di Morsello si è visto nelle elezioni di maggio quando ha preso 970 voti (in realtà 937 ndr) in una città di 90mila abitanti», attacca Ferro che è reduce dal primo confronto diretto con gli altri candidati alla carica di presidente che si è svolto a Cefalù.

«Farei altri cento confronti – spiega Ferro – e sono sicuro che l’asticella dei sondaggi si alzerebbe in nostro favore, perché gli altri non hanno niente da dire per risolvere i problemi della Sicilia. I partiti hanno cercato di mettere delle facce pulite, come Musumeci, Crocetta e Fava, ma quelli che ci stanno dietro, i Nania, La Russa, Firrarello, Castiglione, Cracolici, Lombardo, sono da film horror». Il programma rispecchia le stesse richieste avanzate a gennaio: defiscalizzazione dei carburanti, applicazione integrale dello statuto siciliano, difesa dell’agricoltura isolana, stop alle esternalizzazione dei servizi, no alle trivellazioni nel canale di Sicilia e al Muos, il sistema di antenne militari americano in costruzione a Niscemi. E la mafia? «Ma pensate che chi non parla di antimafia è mafioso? Fare carriera spacciandosi per antimafiosi è facile – attacca Ferro inserendosi nella polemica tra Fava e Crocetta – l’antimafia non va predicata, ma applicata. La mafia esiste e ha fatto danni enormi. Ma se parli adesso con gli artigiani, capisci che fa più paura il pizzo chiesto dalla Serit che quello dell’estorsore. C’è un nemico molto più forte e potente della mafia, ed è lo Stato».

Toni duri che non appartengono a Franco Calderone, l’imprenditore di Marineo, nel Palermitano, che ha lasciato l’azienda di vini alle figlie per buttarsi in campagna elettorale. L’anima più moderata dei Forconi ha trovato posto alla corte di Rosario Crocetta, candidato alla presidenza dall’asse Pd-Udc-Api. Per Calderone si profila un posto nella lista del presidente. «Io sono rimasto forcone dentro– precisa – ma credo che la rivoluzione debba passare dal palazzo della politica e candidarsi senza nessuna speranza di

Franco Calderone sulla copertina di Panorama

vittoria è sterile». Dai Forconi a Crocetta il percorso è stato graduale. Determinante è stato in un primo momento l’avvicinamento a Maurizio Zamparini, presidente del Palermo calcio, e a Nello Di Pasquale, ex Pdl, ex sindaco di Ragusa, adesso sostenitore di Crocetta. «Dopo gennaio – racconta Calderone – bisognava realizzare un progetto, un programma politico, ma nessuno voleva farlo, perché – mi dicevano – dovevamo rimanere un movimento di protesta. Ma io credo che senza la politica non si cambia niente». Inutili i tentativi di portare gli altri Forconi sotto un unico ombrello, quello del progetto Zamparini-Di Pasquale. «Ferro vuole essere il leader – continua l’imprenditore di Marineo –, sostiene che con la vecchia classe politica non vuole avere niente a che fare, ma correre da soli è un suicidio, e il movimento così rischia di sparire».


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Nove mesi fa, insieme agli autotrasportatori, hanno bloccato la Sicilia. Adesso si presentano divisi alle elezioni regionali del 28 ottobre. Mariano Ferro è il candidato presidente della lista I forconi, Martino Morsello ha stretto alleanza con Vittorio Sgarbi e Forza Nuova, Franco Calderone sostiene Rosario Crocetta. C'è chi auspica l'indipendenza e una moneta autonoma per la Sicilia e chi attraversa le piazze siciliane in camper. Tra il rammarico di una rivoluzione «che a gennaio stava per scoppiare sul serio» e il timore che senza rappresentanza nei palazzi il movimento rischia di sparire

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