Fondi Pac del Sud: ordine del giorno di nove deputati Pd Ma c’è il dubbio che si tratti come sempre della solita farsa

E’ stato presentato come un documento risolutivo. Tant’è vero che i parlamentari della Camera dei deputati eletti in Sicilia che l’hanno firmato, fatto votare e approvare si sono presi i complimenti di amministratori comunali, operatori sociali e imprenditori. Ma leggendo con un po’ di attenzione l’ordine del giorno approvato dall’assemblea di Montecitorio, ci si accorge che è solo acqua fresca. Un documento che rischia di non servire assolutamente a nulla. Una raccomandazione che non blocca la privazione di 3,5 miliardi di euro di fondi Pac ai danni delle Regioni del sud Italia a opera del governo Renzi e del parlamento nazionale. Il Pac è il Piano di azione e coesione. Fondi pubblici che l’ex ministro per la Coesione, Fabrizio Barca, ha riprogrammato e stanziato per le Regioni del Mezzogiorno. Sono, nel complesso, 3,5 miliardi di euro che il Meridione – Comuni in testa – può utilizzare per la riqualificazione dei centri storici, per gli impianti sportivi, per gli interventi nel sociale (anziani, minori e infanzia) e per agevolazioni in favore di chi investe nel Sud, ovvero in favore delle imprese meridionali. Di questi, 600 milioni di euro sono destinati alla Sicilia. 

La proposta del governo nazionale è di estendere a tutta l’Italia questi interventi. Questi fondi in favore del Mezzogiorno sostituiscono gli interventi ordinari. Governo e parlamento nazionali i fondi ordinari dello Stato, in materia di investimenti, li erogano solo nel Centro Nord Italia. Cosa che va avanti da decenni. Per il Sud ci sono soltanto gli interventi straordinari. E’ un’impostazione sbagliata che l’Unione europea critica. Perché i fondi straordinari si dovrebbero sommare a quelli ordinari per colmare il divario tra Centro, Nord e Sud. Ma ormai da anni, come denuncia la Svimez, lo Stato non eroga al Sud fondi ordinari per gli investimenti. Restano solo i fondi straordinari e il Pac rientra tra questi. Sono, come già detto, 3,5 miliardi di euro che Renzi e il parlamento nazionale vogliono estendere a tutto il Paese. La scusa che giustifica questa misura è che il Sud è lento nella spesa. Tesi vera solo in parte. Perché se lentezza c’è, solo per una parte di questi fondi, le responsabilità si dividono tra Regioni del Sud e Roma. Però, conti alla mano, si scopre che i 55 distretti socio sanitari della Sicilia hanno già bandito le gare o stanno per bandirle. E lo stesso discorso vale anche per altre Regioni del Mezzogiorno. In questo caso, si tratta di quella parte dei fondi Pac che riguarda gli anziani, i minori e l’infanzia. Il governo ha tagliato i due terzi dei fondi nazionali per il sociale (legge nazionale 328). E i Comuni del Sud si sono attrezzati per intercettare subito i fondi Pac che dovrebbero in parte sostituire i fondi della legge 328. Si sono mosse anche le imprese, che con il Pac hanno diritto a sgravi sui contributi Inail e Inps del cento per cento per più anni per i nuovi assunti.

Se la manovra – che sta dentro la legge di stabilità già approvata dalla Camera dei deputati – dovesse essere approvata anche dal Senato, in Sicilia, nel sociale, si verificherebbe un’assurdità: si dovrebbero annullale le tante gare già bandite dai 55 distretti socio-sanitari dell’isola per celebrare nuove gare con importi ridotti di due terzi (previsione ottimistica). Mentre verrebbero bloccate le gare che stanno per essere bandite. La stessa cosa avverrebbe in altre Regioni del Sud. In pratica, servizi in meno per gli anziani, per i minori e per l’infanzia nel Sud e, in particolare, in Sicilia. Penalizzazioni pesanti anche per gli imprenditori del Sud e, in particolare, della Sicilia, che non avrebbero più diritto, per i nuovi assunti, a sgravi Inail e Inps del cento per cento, ma solo fino a ottomila euro e solo per un anno.

In quest’operazione ai danni del Sud c’è l’ombra dell’accordo tra il capo del governo e Silvio Berlusconi. Queste cose le sanno anche i parlamentari nazionali eletti in Sicilia nel Pd e nelle file di Forza Italia. Ma non si esprimono per timore di un sistema elettorale che, sia con il porcellum che con l’italicum, consente ai leader dei partiti di formare le liste. Tacciono tutti, insomma. A lanciare l’allarme, la scorsa settimana, è l’Anci Sicilia con una dichiarazione del vice presidente, Paolo Amenta, su Meridionews. Scoperto il gioco ascaro, i parlamentari cercano di salvare la faccia (e i voti). Parte per primo il capogruppo all’Ars di Forza Italia, Marco Falcone, che rilascia una dichiarazione la scorsa settimana e ieri, a Catania, si cimenta in una conferenza stampa. Si muovono anche nove parlamentari nazionali del Pd: Teresa Piccione, Angelo Capodicasa, Sofia Amoddio, Maria Iacono, Luisella Albanella, Daniela Cardinale, Maria Amato, Antonino Moscatt e Gea Schirò (che si pensava vicina a Mario Monti). I nove parlamentari del Pd, nella premessa a questo ordine del giorno, si scoprono meridionalisti. Tanto silenziosi per oltre un mese, diventano tanti Saveri Nitti e filosofeggiano su disoccupazione e depressione del Sud. Citano persino la Svimez, che ignorano 364 giorni l’anno. 

Alla fine di questo panegirico, la risoluzione: l’ordine del giorno «impegna il governo ad individuare, nel quadro di un ampio confronto con le Regioni e le amministrazioni del Mezzogiorno le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad assicurare il tempestivo utilizzo delle risorse dei fondi strutturali del Pac per interventi e progetti da realizzarsi esclusivamente nelle Regioni obiettivo-convergenza del Sud, al fine di superare le situazioni di svantaggio socio-economico delle Regioni del Mezzogiorno, facendo ricorso, se occorresse, all’esercizio del potere sostitutivo nei confronti delle amministrazioni che si dovessero rivelare inadempienti, nella convinzione che, se non riparte l’economia del Mezzogiorno, è l’intero Paese che rimarrà più poveri e più fragile, oltre che più ingiusto». In questo ordine del giorno i nove badano, in primo luogo, a dare ragione allo stesso Renzi, dando per veri i ritardi nella spesa di questi fondi, che in parte non ci sono e, là dove ci sono, sono anche per responsabilità ministeriali; ma, soprattutto, nella risoluzione finale non c’è la parte che ci dovrebbe essere: e cioè l’invito perentorio al governo e al parlamento di bloccare questa misura. Il voto al Senato ci dirà se questi nove parlamentari nazionali del Pd hanno salvato i fondi Pac del Sud o le proprie poltrone parlamentari. 


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L'atto parlamentare approvato dalla Camera gira attorno al problema, ma non impegna il governo Renzi e il parlamento a bloccare la misura che priva di 3,5 miliardi di euro alle Regioni del Mezzogiorno (la Sicilia potrebbe perdere 600 milioni di euro). A rischio i fondi per anziani, minori e infanzia. Il voto al Senato dirà se questi deputati hanno salvato le risorse o le proprie poltrone  

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