A San Paolo stasera alle 22 Brasile contro Croazia. Neymar e co. favoritissimi insieme alla Spagna. Poche speranze per l’Italia Dopo tanta attesa alla fine Brasile e Croazia daranno il via alla XX edizione dei campionati del mondo di calcio, il massimo evento sportivo mondiale, un evento paragonabile soltanto alle olimpiadi. Quasi inutile sottolineare l’importanza “politica” di una manifestazione del genere. Del resto la FIFA, l’organizzazione mondiale del pallone, ci tiene a sottolineare che non si tratta mai dei mondiali del Brasile, del Sudafrica o della Germania, ma del torneo più prestigioso del mondo contemporaneo che viene organizzato in uno di questi paesi. Insomma i “padroni di casa” non sono i brasiliani, o i tedeschi o i sudafricani, ma solo la FIFA. Quindi è un po’ inutile scandalizzarsi per la “strumentalizzazione” che alcuni gruppi sociali farebbero di una competizione sportiva. Posto che lo sia stato alle origini – e nutriamo seri dubbi il ruolo di calmiere delle tensioni sociali il pallone lo ha sempre avuto – sicuramente non lo è adesso.
Rimane che al netto di scioperi, contraddizioni enormi e un po’ volgari, come quelle di vivere in mezzo al lusso quando fuori si muore di fame, vorticoso giro d’affari – anche se non dovete credere a stime ridicole sull’aumento del PIL legato ad un pallone che scivola in rete piuttosto che prendere la traversa – biografie indecenti come quella del presidente della Federazione brasiliana, un ex torturatore della dittatura, tanto per gradire, dicevamo che al netto di tutto questo oggi 22 ex ragazzini si metteranno ad inseguire il primo sogno che tutti i maschietti fanno non appena imparano a pensare: vincere i mondiali di calcio.
La strafavorita è il Brasile, che sogna di vendicare la clamorosa disfatta di 64 anni fa, quando al Maracanà di Rio riuscirono a perdere un mondiale già vinto che fece sprofondare nel lutto un intero paese. Per fortuna loro poi arrivò Pelé a mettere le cose a posto ma da allora – e anche da prima – la storia dei verde-oro, della Seleçao, è un continuo partire favoriti e sperare di non incappare nel Paolo Rossi, nel Maradona o nello Zidane di turno. La novità è che per una volta almeno un’altra squadra sembra all’altezza dei brasiliani, la magnifica Spagna di Vicente del Bosque, che presenta un centrocampo da sogno, proprio come una volta i brasiliani, e che vince qualsiasi competizione a cui partecipa ormai da 6 anni.
Dietro di loro solo spazio per qualche outsiders, nella speranza che il calcio africano riesca finalmente ad entrare fra le prime 4 e che il gioco possa regolare scampoli che varrà la pena ricordare. Per quello ci si affida ai soliti noti, da Messi a Cristiano Ronaldo al povero Neymar che ha addosso una pressione che quella di Renzi è una bazzecola.
Se a qualcuno venisse in mente l’Italia, mah, la squadra è molto debole, viene da periodi davvero frustranti ed è appesa alla mattane di Balotelli, che è forte per carità, ma insomma come lui dalle parti di Rio ce ne sono una ventina. E se è vero che il mondiale arriva sempre alla fine di una stagione terribilmente faticosa, che consente un certo livellamento perché i più forti sono anche i più stanchi, sperare nella solita fortuna non è proprio una tattica degna di raffinati strateghi.
Ma che la festa cominci, in fondo per qualche giorno potrebbe anche non fare male.
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