«Ci ritroveremo vicino. Stretti l’uno nell’altro oltre il destino». Parole prese in prestito da una canzone di Laura Pausini per interrompere, attraverso una storia su Instagram, un silenzio social durato 24 ore. Un lasso di tempo infinito e denso di preoccupazione, se c’è da dover fronteggiare il rapimento di un proprio familiare. I contorni sono quelli che rimandano al sequestro di Giovanni Balsamo, 23 anni. Come MeridioNews ha svelato in esclusiva, poco dopo le 5 del mattino di giovedì scorso due finti poliziotti hanno prelevato Balsamo dalla sua abitazione, che si trova nel rione San Cristoforo, a Catania. Il 23enne è stato liberato a distanza di quasi 15 ore. Una vicenda che sembra tratta da una serie Netflix ma che, invece, racconta una storia assolutamente reale, ma ancora tutta da decifrare.
I finti poliziotti e il caso delle divise operative
Di certo in questa vicenda c’è che due persone – che al momento non sarebbero state identificate – si sono spacciate per poliziotti, riuscendo a prelevare con la forza Balsamo. Il 23enne – ristretto ai domiciliari e condannato in primo grado per una spedizione punitiva in un autonoleggio, risalente al 2023 – sarà stato ingannato probabilmente dall’abbigliamento dei due finti agenti. Come si vede anche da un video delle telecamere di sicurezza, i finti poliziotti non erano in borghese e non indossavano nemmeno una pettorina. Secondo le verifiche del nostro giornale, i sequestratori di Balsamo hanno utilizzato la divisa operativa di base della polizia di Stato, in dotazione agli agenti da circa sei anni. Si tratta di un’uniforme composta da cappellino, giubbino blu, con la scritta ‘polizia’ sul lato sinistro e sulle spalle, pantaloni grigio-azzurro e scarponcini di pelle neri. Non è chiaro se si tratti di riproduzioni quasi perfette o di capi originali. Sul web diversi siti mettono in vendita l’abbigliamento, ma è possibile acquistare i vari capi soltanto dopo la presentazione e registrazione del tesserino che attesti l’appartenenza alle forze dell’ordine.
Il video del rapimento
Il filmato – ripreso dalle telecamere di sorveglianza, scaricato sui telefoni dei familiari di Balsamo e consegnato alle forze dell’ordine – immortala le fasi finali del sequestro. Balsamo, a petto nudo, viene trascinato dai finti poliziotti in strada – in via Calabrò – e caricato con la forza a bordo di un suv Alfa Romeo Tonale. Nel video si vede anche una donna – la convivente del 23enne – mentre cerca di opporsi al rapimento. La giovane, scalza, si aggrappa ai finti poliziotti, ma viene scaraventata a terra. Nelle riprese c’è anche un terzo uomo, che però non viene mai inquadrato: si tratta della persona alla guida della macchina. Al momento non è chiaro se qualcosa è andato storto nel piano dei finti poliziotti, forse inizialmente convinti di riuscire a prelevare Balsamo con maggiore tranquillità. Dopo il sequestro, prima la convivente e poi altre persone – probabilmente familiari e amici – si sono presentati negli uffici della Squadra mobile in via Ventimiglia. Stesso luogo che, dopo essere stato rilasciato, il 23enne raggiungerà a piedi per decretare la parola fine al sequestro.
Il movente del sequestro e le parentele pesanti
Cosa c’è dietro questa storia? Le bocche di chi indaga restano cucite, ma sono diversi gli approfondimenti in corso sulla sfera familiare di Balsamo. Alcune piste rimandano a questioni economiche e a del denaro da restituire, anche se non si sa bene chi ha prodotto il presunto debito e chi sta, o stava, aspettando questi soldi. Il suocero del 23enne risponde al nome dell’ergastolano Lorenzo Saitta, da tutti conosciuto con l’appellativo di Salvuccio Scheletro. Uno dei personaggi di maggiore spessore all’interno della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Il suo volto compare in diversi screenshot pubblicati sui social da Balsamo, fermoimmagine estrapolati dalle videochiamate dei colloqui in carcere, in cui Saitta viene etichettato come ‘papà’. Il nome dello Scheletro è emerso nuovamente a inizio anno nel blitz Sottosopra. Secondo la procura, Saitta avrebbe gestito dal carcere il business della droga al civico 12 del viale Nitta. In quell’operazione venne fuori un’intercettazione in cui Saitta, con un telefonino utilizzato dietro le sbarre, discuteva di un debito di droga che si sarebbe accumulato nel corso della latitanza del genero Tony Trentuno, poi arrestato dopo alcuni mesi trascorsi all’estero, tra Albania e Grecia. Discorsi in cui però il 23enne Balsamo non veniva citato, oltre a non essere stato coinvolto nell’inchiesta.
L’altro parente di peso del sequestrato è proprio Trentuno, che di Balsamo è cognato. Secondo i magistrati Trentuno – che per un periodo si è occupato di vendita di automobili – sarebbe un personaggio in ascesa nel mondo del traffico di droga, attivo nel rione San Cocimo e in piazza Machiavelli, sempre a Catania. Stando al racconto dei collaboratori di giustizia Ninni e Michael Sanfilippo, nel 2021 alcune persone appartenenti al suo gruppo avrebbero preso parte a uno scontro a fuoco con una frangia rivale, riconducibile ai Nizza e a Enzo Timonieri, poi ucciso e ritrovato dopo mesi sepolto in un terreno a Vaccarizzo, frazione marittima di Catania. Storie, anche queste, in cui Balsamo non è coinvolto.
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