Lo spaccio a Librino tra Scheletro e Vampiri. Mamme meteorologhe come vedette: «Dimmi se piove»

Scheletro e Vampiri. Non fantastici protagonisti delle tenebrose notti di Halloween ma il promotore e i due fratelli gestori delle tre piazze di spaccio che sono state smantellate nel quartiere Librino di Catania con l’operazione Sottosopra. Un nome che deriva dalla distribuzione dei luoghi di smercio delle sostanze stupefacenti: dalla strada e sotto i portici fino al settimo piano di un palazzo al civico 12 di viale Nitta. Un’unica associazione che, secondo quanto sostenuto dall’accusa, sarebbe stata promossa da Lorenzo Saitta (classe 1975), detto appunto Salvuccio Scheletro. Esponente del gruppo Santapaola di San Cocimo, anche da dietro le mura del carcere avrebbe impartito gli ordini e le direttive sul coordinamento dello spaccio utilizzando cellulari introdotti in cella in modo illegale. All’esterno sul campo, per conto suo, avrebbero operato i suoi cugini Santo (detto Melo) e il fratello minore Federico Giosuè Livoti, il cui epiteto di famiglia è proprio Vampiro. Oltre a loro due, un ruolo di spicco, nel tempo, se lo sarebbe ritagliato anche Anthony Carmelo Spampinato.

Loro tre sarebbero stati al vertice dell’organizzazione piramidale del gruppo dello spaccio nella zona del quartiere satellite del capoluogo etneo che sarebbe stato gestito «in regime di monopolio». Come sottolinea nell’ordinanza la giudice per le indagini preliminari Daniela Monaco Crea, «dando prova di grande carisma criminale e indubbie capacità organizzative, sarebbero riusciti a compattare attorno a loro un cospicuo numero di associati, alcuni dei quali familiari». Ad alcune mamme casalinghe, per esempio, sarebbe toccato un ruolo di vedetta. Con la scusa di dovere controllare le condizioni del meteo per eventualmente stendere i panni, si sarebbero affacciate dai balconi delle palazzine per accertassi del fatto che non ci fossero nei dintorni forze dell’ordine. «Tu mi devi dire solo – rimprovera un figlio alla madre che ha comunicato “Non c’è nessuno” – se piove o non piove». Quel giorno, non pioveva ma ci sono stati giorni in cui la pioggia è arrivata tra quei palazzoni di viale Nitta. Per esempio, il 12 aprile del 2022 quando viene arrestato il minore dei fratelli Livoti e anche quattro mesi dopo quando a finire in manette è Spampinato.

Il «direttore» dell’attività di spaccio sarebbe stato Santo, detto Melo. Il 37enne, maggiore dei fratelli Livoti, avrebbe assunto il ruolo più importante al servizio del cugino detenuto. Molto accorto nell’utilizzo del telefono, agli sms dal contenuto compromettente avrebbe preferito non rispondere mai. «Melo ciao. Volevo sapere se tu facessi servizio a domicilio nella tua pizzeria – scrive un potenziale acquirente di droga – perché è difficile venire io. Fammi sapere perché volevo diventare cliente tuo». Nessuna pizzeria (che sta per la piazza di spaccio) ma consegne a domicilio delle sostanze stupefacenti custodite negli appartamenti della scala A della palazzina di viale Nitta, tramite corrieri, certamente sì. E non solo a casa dei clienti ma anche al chiosco o in diversi luoghi di lavoro: dal panificio al centro commerciale e dal ristorante alla sala bingo.

A spingere Melo a usare il telefono, il 4 ottobre del 2021, è un malfunzionamento generale di WhatsApp (la chat di messaggistica preferita per le comunicazione perché non intercettabile). Con WhatsApp down, i due fratelli sono costretti a comunicare tra loro utilizzando il metodo classico della telefonata tradizionale. Del resto, parlarsi è fondamentale perché la scarsità delle forniture di droga sta provocando un momento di difficoltà. Provano a confrontarsi per trovare una soluzione usando, come sempre fanno anche con pusher e clienti, un linguaggio criptico in cui i diversi tipi di sostanze (crack, cocaina e marijuana) diventano «uova», «porzione di riso», «cibo per cani», «sigarette», «benzina per il motorino», «birra», «fettine».

Il fratello minore Federico Livoti, a un certo punto, si sarebbe affrancato dal gruppo dei nani al Villaggio Sant’Agata, per cui avrebbe spacciato inizialmente, proprio per avvicinarsi al fratello Melo. Così, stando a quanto è stato ricostruito nel corso delle indagini, si sarebbe guadagnato il ruolo di gestore dell’organizzazione dei luoghi dello spaccio. E suo sarebbe stato anche il customer care, ovvero l’assistenza clienti, con il compito di occuparsi delle particolari richieste o delle lamentele degli acquirenti delle sostanze non sempre soddisfatti della qualità: «Stava fetendo quella della volta scorsa!», dice con tono critico un cliente a cui Livoti junior sa perfettamente come rispondere per non scontentarlo, ammettendo le proprie colpe e trovando il modo per farsi perdonare con un regalino: «Ho voluto fare una prova, ma già lo sapevo che feteva. Ti ha bruciato il naso, vero?», chiede. «No, miiinchiaaa, direttamente a fuoco!», si sente ribattere.

Chi all’inizio delle indagini sembrava avere un ruolo secondario è Anthony Carmelo Spampinato. Ma quando Federico Livoti viene messo fuori gioco dall’arresto, è lui a subentrare nella gestione e nel controllo della piazza di spaccio nelle scale A e B della palazzina al civico 12 di viale Nitta dove vive. Pusher e vedetta lui stesso, Spampinato sarebbe stato il coordinatore di tutta la fitta rete di collaboratori, ciascuno dei quali con ruoli ben definiti. Secondo quanto ricostruito nell’inchiesta dei pubblici ministeri Ignazio Fonzo e Giuseppe Sturiale, l’obiettivo di un’organizzazione così verticistica sarebbe stato quello di «assicurarsi una continuità ininterrotta delle operazioni di spaccio», con turni distribuiti per coprire tutte le 24 ore del giorno, centinaia di clienti e incassi quotidiani per diverse migliaia di euro.


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