Il gip del tribunale di Siracusa ha convalidato il fermo per il tappezziere Lentinese Massimo Cannone. Dopo essere stato arrestato, era stato lui stesso a cambiare versione e confessare di avere ammazzato la moglie mentre si trovava a letto con le cuffie alle orecchie
Femminicidio Lentini, resta in carcere il marito «L’ho uccisa perché mi sentivo ai domiciliari»
Resta in carcere Massimo Cannone. «L’ho uccisa perché mi sentivo oppresso, come costretto agli arresti domiciliari da lei». Avrebbe detto questo agli inquirenti il tappezziere di Lentini (Siracusa) dopo essere stato arrestato, per il rischio che stesse organizzando di scappare, con l’accusa di avere ammazzato la moglie 45enne Naima Zahir. Un’accusa che lui stesso ha ammesso dopo avere ritrattato una prima versione, sostenuta durante un lungo interrogatorio, in cui aveva spinto sull’ipotesi che la donna si fosse tolta la vita da sola. A convalidare il fermo è stato il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa, su richiesta del pubblico ministero Gaetano Bono che ha coordinato l’inchiesta della polizia.
Stando a quanto emerso finora, intorno alle 22 di sabato scorso, Cannone avrebbe sferrato alla donna – con cui era sposato da 25 anni – due coltellate al collo. Un delitto avvenuto all’interno della loro abitazione in via Ronchi nel quartiere Santa Maria Vecchia, nel centro storico della cittadina del Siracusano. Lì, nella camera da letto, l’avrebbe colpita mentre la donna era sdraiata con le cuffie alle orecchie per ascoltare la musica e intenta a navigare su internet con il cellulare. Non è ancora chiaro se si sia trattato di un gesto che il tappezziere avesse già pianificato.
In un primo momento Cannone, anche davanti alle telecamere, ha parlato dell’ipotesi di un suicidio o di un’aggressione da parte di qualcuno che era entrato in casa. Una versione che non aveva convinto gli inquirenti e che l’uomo ha poi ritrattato, confessando di avere ucciso Naima. Ed è stato lui a ricostruire come sarebbero andati i fatti quella sera, a partire dalle due pizze surgelate mangiate insieme alla moglie e al figlio. Cannone aveva inoltre ammesso subito di avere provveduto a pulire tutto il sangue con un mocio, inquinando quindi la scena del crimine. Inoltre, anziché chiamare l’ambulanza per soccorrere la moglie, l’uomo sarebbe andato a bere una birra e poi dal fratello – che avrebbe chiamato il 112 – a cui avrebbe raccontato di avere trovato la donna senza vita appena rincasato.