Lorenzo Airò e Giovanni Mossuto sono stati amministratori nel Comune di Favara, ma i proiettili che hanno ricevuto sarebbero dovuti all'attività de La mano di Francesco, onlus che nell'Agrigentino ha diversi centri e che ha partecipato alla gara per l'hotspot di Lampedusa. I carabinieri, intanto, non escludono alcuna pista
Favara, minacce a gestori coop per migranti «Racket? Forse qualcuno che cerca lavoro»
«Forse è qualcuno che vorrebbe lavorare con noi, pur non avendo i requisiti». A cinque giorni dal ritrovamento, davanti al portone di casa, a Favara, di tre proiettili e un messaggio intimidatorio, il presidente della onlus La mano di Francesco Lorenzo Airò avanza un’ipotesi sull’origine della minaccia di cui è stato destinatario insieme a Giovanni Mossuto. Entrambi hanno un passato nella politica cittadina, come sindaco e assessore, ma la matrice del gesto sarebbe legata ad altro. «Siamo convinti che c’entra il nostro lavoro con i migranti», dichiara Airò a MeridioNews.
I due, infatti, hanno la gestione di diversi centri di accoglienza straordinaria (Cas), strutture riservate ai minori non accompagnati e, di recente, si sono aggiudicati sei Sprar che apriranno nella provincia di Agrigento. Ma non a Favara. «Qui ho la residenza», specifica Airò, secondo il quale sarebbe la serietà nella conduzione delle attività di accoglienza ad aver infastidito gli autori delle minacce. Serietà che avrebbe inciso anche nella selezione dei circa cento dipendenti che operano nella cooperativa. «In tutti i ruoli abbiamo sempre cercato di mettere personale qualificato – assicura il presidente della onlus -. Magari c’è stato qualcuno che pensava di soddisfare la fame di lavoro dando per certa l’assunzione. Per noi quello dei migranti non è un business, ci teniamo a offrire un servizio di qualità e i risultati lo dimostrano».
E questo anche se, alcuni anni fa, La mano di Francesco è stata al centro di un caso di cronaca. Con alcuni migranti che si sono rinchiusi dentro la struttura, sequestrando alcuni operatori per protestare. «Si trattava di elementi che già avevamo segnalato alle autorità – spiega Airò -. In quel caso anche da parte dei media ci fu una certa strumentalizzazione, ma sono vicende che abbiamo ampiamente chiarito. I motivi della protesta? Il ritardo nelle convocazioni da parte degli organi che gestiscono le pratiche per le richieste di asilo».
Da escludere, invece, la militanza politica di Airò, nonostante sia stato sindaco di Favara per due mandati. Il primo a inizio anni Novanta, la seconda volta un decennio dopo. Carica di primo cittadino che, nel centro agrigentino, verrà rinnovata proprio il prossimo mese. «Gli inquirenti mi hanno chiesto di fare luce su questo aspetto, perché si ritiene che possa detenere un pacchetto di voti importante – ammette – ma ho ampiamente spiegato che il mio sostegno alla candidata del centrosinistra, quest’anno, non ha implicato un particolare impegno sul campo».
Dello stesso avviso, Giovanni Mossuto, che domenica scorsa ha scritto un post per denunciare l’accaduto. «Siamo andati dai carabinieri subito dopo il ritrovamento della busta – sottolinea -. Racket? Non abbiamo ricevuto alcun tipo di questa richiesta». Anche per l’ex assessore, che in passato ha denunciato l’uccisione di uno dei suoi cani – «Come Maniaci? A me è accaduto prima, ed era vero» -, la pista da seguire è quella che porta alla cooperativa. «Probabilmente diamo fastidio per la correttezza e il modo libero che abbiamo di gestirla», aggiunge.
La mano di Francesco è stata tra i partecipanti alla gara per la gestione dei servizi all’interno del discusso hotspot di Lampedusa. Venendo però esclusa. «Si è trattato di un vizio procedurale, una specifica nel bando che abbiamo interpretato, pare, in modo sbagliato. Stiamo valutando la possibilità di fare ricorso», prosegue Mossuto. Che alla domanda su come ci si sente dopo aver ricevuto tre proiettili risponde «arrabbiati», mentre Airò ammette che «definirsi sereni sarebbe eccessivo, ma andiamo avanti». A condurre le indagini sono i carabinieri di Favara, che fanno sapere di «non escludere alcuna pista investigativa».