A fare la stessa scelta dell'assessore regionale alla Salute e dell'ex dirigente generale del dipartimento per le Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico è stato anche il funzionario Mario Palermo. Agli atti anche la frase sui «morti da spalmare»
Falsi dati Covid, giudizio immediato per Razza e Di Liberti Sicuri della propria innocenza. A novembre parte processo
Direttamente a processo, saltando l’udienza preliminare. Questa la scelta fatta da Ruggero Razza e Maria Letizia Di Liberti – e con loro il funzionario della Regione Mario Palermo – nella vicenda giudiziaria sui falsi dati Covid, conosciuta dai più per quel riferimento ai «morti da spalmare» che gettò nella bufera l’assessore regionale alla Salute. Ancor prima che per l’aspetto penale delle accuse avanzate in prima battuta dalla procura di Trapani e poi, per competenza territoriale, dalla procura di Palermo, per lo scivolone lessicale commesso in una fase in cui la pandemia pesava sulla vita dei siciliani. In termini di perdite e restrizioni. Accanto a Razza, che dopo un temporaneo passo indietro dal ruolo governativo venne riaccolto in giunta da Nello Musumeci, il quale ne ha sempre rimarcato i meriti politici e le doti morali, nella veste di imputata di primo piano ci sarà Maria Letizia Di Liberti, l’allora dirigente generale del dipartimento per le Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico.
Per gli inquirenti – l’accusa è sostenuta dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Andrea Fusco e Pia Ticino – i due avrebbero gestito il conteggio dei dati da trasmettere al ministero con un’autonomia tale da impedire a Roma di prendere le dovute decisioni in maniera di restrizioni. Era il tempo in cui le singole regioni venivano collocate in fasce di rischio diverso con relative prescrizioni per gli abitanti. Dal canto loro, Razza e Di Liberti hanno sempre sostenuto di non avere arrecato alcun effetto negativo nella catena di comando che si è occupata della gestione della pandemia. A partire dalla considerazione che le informazioni in mano al ministero non avrebbero risentito in alcun modo degli errori commessi semmai in buona fede, nella volontà di gestire dati che, non arrivando con regolarità dei territori, avrebbero di per sé rischiato di trasmettere una fotografia inverosimile della situazione sanitaria nell’isola.
Forti di questo convincimento, i tre imputati, non appena ricevuta la notizia della richiesta di rinvio a giudizio, hanno deciso di accelerare l’iter, sicuri di uscire indenni dal processo. I giochi si apriranno il 10 novembre, quando la Sicilia si troverà a fare i conti con il terzo autunno dalla comparsa del Covid. Al momento è difficile prevedere se il virus sarà tornato a limitare la socialità. I dati di questi giorni non promettono molto di buono.