«La falsa testimonianza è un reato». Lo aveva ribadito più volte il presidente Santino Mirabella durante le udienze del processo 12 apostoli. Quello che ha portato alle condanne, per gli abusi sessuali avvenuti anche su minorenni all’interno della comunità di Lavina di Aci Bonaccorsi. In primo grado sono stati condannati il santone Pietro Capuana e le […]
La protezione al santone Capuana e la storia di tre generazioni di donne: verifiche in procura
«La falsa testimonianza è un reato». Lo aveva ribadito più volte il presidente Santino Mirabella durante le udienze del processo 12 apostoli. Quello che ha portato alle condanne, per gli abusi sessuali avvenuti anche su minorenni all’interno della comunità di Lavina di Aci Bonaccorsi. In primo grado sono stati condannati il santone Pietro Capuana e le sue ancelle Katia Concetta Scarpignato, Rosaria Giuffrida e Fabiola Raciti. Gli atti delle deposizioni di dieci testimoni sono stati inviati in procura per verificare l’ipotesi di falsa testimonianza. «Capuana aveva influenza su altre persone – ha dichiarato uno degli avvocati di parte civile, Tommaso Tamburino -. E tra queste, c’è chi non ha mai accettato l’idea che si sia macchiato di questi reati».
Le ipotesi di falsa testimonianza nel processo al santone Capuana
Tra i testimoni per cui si procederà alle verifiche da parte della procura di Catania ci sono donne di tre generazioni. Nonna, mamma e figlia che, quando sono state sentite in aula, si sarebbero contraddette. Tutte e tre frequentatrici della comunità dell’associazione cattolica Cultura e Ambiente (Acca). Che, nelle loro vite e nelle loro relazioni, ha avuto un ruolo piuttosto centrale. Agata Pandetta ha già 74 anni quando, nel febbraio del 2021, viene sentita come testimone nell’aula bunker di Bicocca. Una decina d’anni prima, per tre anni circa, ha frequentato il cenacolo su invito della figlia Mariangela Santonocito.

Lei è una veterana: all’interno dell’associazione, infatti, ha già trascorso oltre 23 anni. E ha iniziato anche le sue figlie, tra cui Manuela Testa. Come la madre, anche lei nella comunità trova pure l’amore. Quando viene sentita alla fine del 2023, la giovane è fidanzata – già da otto anni – con Emanuele Rotella. Il figlio di Rosaria Giuffrida, una delle sacerdotesse di Capuana (adesso condannata a nove anni e quattro mesi), e di Mimmo Rotella. L’ex deputato e assessore regionale che è stato coinvolto in un’indagine collegata per favoreggiamento e poi assolto.
Le dichiarazioni della nonna
«Ho conosciuto tante brave persone che ballavano e si divertivano». Esordisce la signora Pandetta, davanti alla corte, per descrivere le attività del cenacolo. Dove è stata portata dalla figlia intorno al 2011. Quando il pubblico ministero le chiede se conosca Pietro Capuana, la 74enne risponde con un interrogativo alla fine del nome e cognome: «Non me lo sto ricordando». E, dopo una pausa di riflessione, afferma di non sapere chi sia. Tuttavia, quando era stata sentita da un ispettore di polizia nel 2017, era stata lei stessa a nominarlo, insieme a padre Cavalli, come capo di quella comunità. Quattro anni prima, non solo sapeva chi fosse Capuana, ma «ho avuto modo di notare dei comportamenti equivoci con le ragazze della comunità», si legge nel verbale di quell’interrogatorio.
In udienza nega tutto e sostiene di avere firmato un verbale senza averlo mai letto, E fa di più: insinua che sia stato scritto qualcosa di molto diverso rispetto a ciò che avrebbe dichiarato. Tra le altre cose, pure che Capuana «al termine dei balli, toccava le giovani, anche minorenni, nelle parti intime. Io mi sono turbata. Ho manifestato le mie perplessità a mia figlia Mariangela, ma mi ha imposto il silenzio minacciando di non farmi più vedere i miei nipoti». Dichiarazioni rese nel 2017 davanti a un pubblico ufficiale e negate, a quanto pare con una certa agitazione, appena qualche anno dopo, nell’aula del tribunale.
Capuana «animatore delle feste»
Due anni dopo, sul banco dei testimoni siedono le sue discendenti: figlia prima e nipote poi. Nel settembre del 2023 è Mariangela Santonocito a parlare delle attività di «apostolato». Tra aiuti a «persone povere e disagiate» e «visite in ospedali e orfanotrofi», c’è spazio anche per «varie attività ricreative». Durante le quali il santone Capuana – «mio carissimo amico», come sottolinea la donna – diventa l’«animatore» delle feste. Santonocito racconta di avere partecipato con le figlie e, per un periodo, anche con l’ex marito. Dal quale nega di essersi separata per questioni legate al cenacolo.
Ammette che lei e le figlie hanno partecipato ai turni (anche notturni) a casa di Capuana, ma di non essere mai venuta a conoscenza di episodi di molestie o rapporti sessuali. «Era un’organizzazione della nostra associazione – racconta in aula – per venirci incontro l’uno con l’altro, come una grande famiglia». Famiglia che diventa la sua anche in senso stretto. Dopo il divorzio dall’ex marito, Santonocito infatti inizia una convivenza con un uomo che della comunità fa parte da più di 40 anni. Dei baci in bocca di Capuana parla come se fossero normali: «Era un saluto, non era una regola», asserisce confermando che anche lei e le figlie li hanno ricevuti.
«Tutto nella norma»
«Era tutto nella norma», conferma Manuela Testa, figlia di Santonocito e nipote di Pandetta. Lei che all’interno della comunità ci è praticamente nata. Portata al cenacolo, fin da quando era bambina, dalla madre. Quando viene sentita, nel novembre del 2023, ha 37 anni, fa ancora parte del gruppo giovani della comunità ed è fidanzata con il figlio di una delle ancelle del santone. In aula afferma di non avere mai parlato con lui o con i suoi familiari di procedimenti in corso. Conferma di avere cominciato a fare turni (anche di notte) a casa di Capuana, quando era ancora minorenne: «Più o meno a 16 anni e per una quindicina d’anni, se non di più».
«Le ragazze erano esuberanti»
Una circostanza che il padre, quando era stato sentito, aveva negato: «Glielo spiego – risponde Testa – credo che mio padre non fosse a conoscenza di questa cosa perché era un tantino possessivo e geloso. Mia madre faceva da copertura. Cercavamo delle scuse per dormire fuori casa». Nega di avere mai subito molestie sessuali all’interno della comunità o di averlo saputo da altre ragazze. «Erano alcune di loro – sostiene in aula – a essere esuberanti». Un aggettivo su cui la pm chiede di fare chiarezza. «Si vestivano in modo eccessivo per andare a messa. Io non metterei una minogonna o un top scollato per entrare in chiesa», sentenzia. Di qualcosa tra loro si è parlato, tra la recita di un rosario e una cena con una pizza, ma solo come «chiacchiere da bar».