Vent’anni di carcere per Carmelo Distefano e Roberto Campisi. Dieci anni e otto mesi per i collaboratori di giustizia Martino e Michael Agatino Sanfilippo. Stessa condanna per l’altro pentito Davide Agatino Scuderi. Assolti Santo Tricomi, Giovanni Nicolosi e Rosario Viglianesi con la formula «per non avere commesso il fatto». Stesso esito per gli imputati Emilio […]
Faida tra Cappello e Cursoti Milanesi a Librino, condannato a 20 anni il boss Carmelo Distefano
Vent’anni di carcere per Carmelo Distefano e Roberto Campisi. Dieci anni e otto mesi per i collaboratori di giustizia Martino e Michael Agatino Sanfilippo. Stessa condanna per l’altro pentito Davide Agatino Scuderi. Assolti Santo Tricomi, Giovanni Nicolosi e Rosario Viglianesi con la formula «per non avere commesso il fatto». Stesso esito per gli imputati Emilio Gangemi e Angelo Condorelli. È questo l’esito del processo di primo grado, con rito ordinario, per quanto riguarda la sparatoria avvenuta tra i civici 16 e 18 del viale Grimaldi l’8 agosto del 2020. Evento in cui persero la vita Vincenzo Scalia, conosciuto come Enzo Negativa, e Luciano D’Alessandro. A sostenere l’accusa nel processo i pubblici ministeri Ignazio Fonzo e Alessandro Sorrentino.
Alla base dello scontro a fuoco due gruppi criminali contrapposti legati alle cosche mafiose dei Cappello e dei Cursoti Milanesi. Il giorno precedente alcune persone si recarono in via Armando Diaz, a Catania, per picchiare l’imprenditore della ristorazione Gaetano Nobile. Personaggio noto in città non solo per la gestione del bar Diaz ma anche per essere il nipote di Sebastiano e Aurelio Balbo, entrambi del clan Cappello. Nobile venne avvicinato e colpito con violenza con un casco mentre si trovava davanti a un mini market che all’epoca aveva aperto. Attività commerciale che a quanto pare era finita anche nei radar dei Cursori Milanesi. In mezzo pure una storia legata a una donna che forse era stata infastidita da Nobile. Tra coloro che si recarono in via Diaz c’era anche Distefano, conosciuto negli ambienti malavitosi con l’appellativo di pasta ‘ca sassa. Nei suoi confronti, così come per Campisi, l’accusa aveva chiesto la condanna all’ergastolo.