Etna, per le escursioni in vetta ancora tutto da rifare La liberalizzazione divide Linguaglossa e Castiglione

Punto e accapo. Un anno e un’inchiesta dopo, sull’Etna, le domande inevase sono sempre quelle. Che fare con l’appalto per le escursioni ai crateri? Sì o no alla svolta liberalizzatrice, miraggio da più di cinque anni? Che ne sarà del rilancio turistico del versante nord della montagna? Un anno e un’inchiesta dopo, ci sono sempre le amministrazioni di Linguaglossa e Castiglione di Sicilia nel tormento della ricerca di una risposta. Anche l’estate 2019, come tutte quelle dal 2013 ad oggi, va salvata ricorrendo ad un bando da pubblicare il prima possibile. L’oggetto sarà ancora la gestione della strada montana che, da Piano Provenzana, porta a quota 3000; ovvero il percorso, fulcro di un business turistico a sei zeri, fino al 2016 usato dalle aziende di Francesco Russo Morosoli per accompagnare i visitatori fino ai crateri del vulcano. Un anno e un’inchiesta dopo, infatti, il project financing delle belle speranze è appunto ancora tale.

L’ambizioso piano, finito anch’esso nell’indagine Aetna sul monopolio nelle escursioni e sugli appalti dei Comuni, non è ancora stato abbandonato. Ma tutti gli attori, dai due Comuni proprietari della strada all’associazione di imprese proponente Etna Alcantara mobility, sanno che tale progetto di finanza da 23 milioni di euro implica la scalata di una muraglia di procedure. Percorso burocratico per costruire – in cambio dello sfruttamento escursionistico della pista – un ponte sul fiume Alcantara, una bidonvia a Castiglione e una cabinovia da 10 milioni di euro, che allo stato è ancora meno che un embrione. Nelle prossime settimane i due Comuni stipuleranno una convenzione con la Regione per farsi assegnare un funzionario che serva da responsabile unico del procedimento. Poi comincerà la girandola di conferenze dei servizi e pareri, sempre se la discussione politica che, prima o poi, dovrà pur iniziare sul versante nord dell’Etna, non porterà a delle modifiche al progetto vincitore della manifestazione di interesse a settembre 2018.

L’estate, intanto, arriverà. E con essa devono partire le escursioni onde evitare il deserto a Piano Provenzana e una nuova rivolta degli operatori della montagna. I sindaci Salvo Puglisi e Antonio Camarda hanno ripreso a discutere. In ritardo, dice qualcuno, ma è pur vero che l’inchiesta è esplosa solo due mesi fa. Proiettando l’ombra di turbative d’asta e corruzione proprio sugli vari appalti provvisori della strada, e coinvolgendo il gruppo Russo Morosoli, gestore storico delle escursioni, il primo cittadino linguaglossese, indagato, ma anche il funzionario che aveva firmato tutte le varie procedure, Franco Baroneliberato all’inizio di febbraio dopo i domiciliari. Non seguire la strada indicata dall’Antitrust – ovvero appalti liberalizzati, aperti a più imprese, da pubblicare con largo anticipo – ha finito per agevolare assieme a presunti reati – è la tesi dell’accusa – la supremazia imprenditoriale del re della funivia nel turismo sull’Etna.

Ma anche oggi, malgrado tutto, servirà rifare le stesse cose del passato – un appalto-traghetto in attesa che il project vada avanti – senza però incappare negli errori di sempre, come gare deserte, bandi tardivi e brevicon un solo partecipante come l’anno scorso. Sui tavoli le ipotesi sembrano essere ancora le solite due: le vecchie concessioni mono-aziendail modello Antitrust. Malgrado una diffidenza manifestata a lungo negli anni, stavolta è il sindaco di Castiglione Antonio Camarda a sventolare la bandiera del sistema suggerito dal Garante, il regime autorizzatorio. Cioè l’uso della pista da demandare, tramite autorizzazioni da mettere a bando, a più imprese in concorrenza fra loro. Obiettivo di fondo dar vita a un sistema di accesso alla vetta dell’Etna alternativo alla funivia e alle jeep del versante sud. La soluzione liberalizzatrice, riesumata a Castiglione anche alla luce della bufera giudiziaria, consentirebbe di garantire potenzialmente una pluralità di offerte per un numero di anni medio-lungo, aspettando che il project financing si concretizzi. Il sindaco Camarda si è spinto oltre, ipotizzando la prenotazione delle escursioni, da parte dei vettori, tramite app collegate al check point d’ingresso della strada. Unica limitazione al traffico le prescrizioni ambientali del parco dell’Etna.

Eppure, a Linguaglossa, il modello Antitrust continua a suscitare perplessità. Preoccupa l’amministrazione Puglisi l’onerosa manutenzione della strada, sempre sobbarcata da Russo Morosoli e, nel 2018, dall’Ati Etna mobility. Un problema che, peraltro, è uno degli snodi cruciali dell’inchiesta. Secondo la procura, con la complicità di Barone e grazie a un piano di viabilità «artatamente gonfiato nei costi stimati» firmato dall’ingegnere – anche lui indagato – Alberto Puglisi, Russo Morosoli sarebbe riuscito a sabotare l’appalto del 2017 (il primo emanato con il sistema autorizzatorio) cui aveva partecipato anche la ditta Goldservice di Castiglione. L’amministrazione Puglisi valuta di proporre, al contrario, innanzitutto una concessione almeno triennale – con manutenzione come sempre a carico del concessionario – contando sulla comprensione dell’Antitrust nei riguardi del project in itinere. C’è poi un’ipotesi «terza via», ancora da mettere nero su bianco –  con il supporto dello studio legale di Bonaventura Lo Duca – che ibridi le sue alternative. Anche perché, da Castiglione, si spinge su un’idea inedita, legata all’autorizzatorio, per la manutenzione: un appalto separato dalla strada, a un soggetto diverso dalle imprese di trasporto, ma che si finanzia con i proventi che i vari vettori assicurerebbero ai due Comuni pagando per le autorizzazioni. Poche settimane e una risposta arriverà. Del resto, sul versante nord, in molti si dicono stufi: l’Etna sembra essere diventata più una zavorra che la risorsa prima del territorio. 


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