Elezioni regionali, girandola di candidati

Quanti saranno i candidati alla presidenza della Regione siciliana? Quattro? Cinque? Sei? Non si sta capendo più niente. Nel Pd ‘spatulia’ da quasi un mese Rosario Crocetta. Oggi a Catania Gianfranco Miccichè ha annunciato la sua candidatura. Ieri il Pid, una parte del Pdl e, forse, l’Mpa (più Futuro e libertà, l’Mps di Riccardo Savona e l’Api) avrebbero creato i presupposti politici per un nuovo ‘cartello’, magari con un proprio candidato. Claudio Fava è già candidato di Sel ed è già in campagna elettorale. Il Sindaco di Ragusa, Nello Dipasquale è già in campagna elettorale con un nutrito drappello di amministratori comunali. Sempre nel Pd si sta verificando quello che il capogruppo di Italia dei Valori al Consiglio comunale di Palermo, Aurelio Scavone, auspica da due mesi: la candidatura di Bernardo Mattarella sostenuta da Leoluca Orlando e dall’Udc di Giampiero D’Alia. Quindi il possibile candidato del Movimento 5 Stelle. Ce n’è più?

Per ora, no. Contandoli, i candidati possibili sono cinque o sei. Crocetta, Miccichè (foto a sinistra), Claudio Fava, Nello Dipasquale e Bernardo Matarella. Più il candidato grillino. A questi sei, è chiaro, si potrebbero aggiungere altri due candidati. Il primo è il candidato del cartello Pid, parte del Pdl, Mpa, Fli, Mps, Api; il nome più accreditato di questo schieramento potrebbe essere quello di Innocenzo Leontini. Poi ci potrebbe essere il settimo candidato: quello del Pdl. O meglio, di ciò che resta del Pdl siciliano, un partito che sembra un po’ incartato. I nomi dovrebbero essere due: Francesco Cascio, attuale presidente dell’Ars e Giuseppe Castiglione.

Noi non crediamo che, alla fine, si andrà alle elezioni con sette candidati alla presidenza della Regione. Ma già una competizione con quattro-cinque candidati aprirebbe scenari indediti. Vediamoli per grandi linee.

Dal 2001 il presidente della Regione siciliana viene eletto direttamente dal popolo. Finora si è votato tre volte: nel 2001 nel 2006 e nel 2008. In tutt’e tre le competizioni si sono scontrati due candidati forti (e gli altri di contorno). Nel 2001 partita tra Totò Cuffaro e Leoluca Orlando e vittoria del primo. Nel 2006 faccia a faccia tra lo stesso Cuffaro e Rita Borsellino (ancora vittoria di Cuffaro). Nel 2008 ancora due avversari forti: Raffaele Lombardo e Anna Finocchiaro, con la vittoria del primo con quasi il 70 per cento dei voti di lista.

Oggi lo scenario è completamente mutato. Come abbiamo visto, i candidati – in questo momento – potrebbero essere da cinque a sette. Questo cambia tutto. E pone un interrogativo: che succederà?

Ricordiamo che quando è stata approvata la legge elettorale che introduceva l’elezione diretta del presidente della Regione siciliana – correva l’anno 2001 – ci si poneva l’interrogativo: in Sicilia si applicherà il Tatarellum, ovvero la legge elettorale che porta il nome di Pinuccio Tatarella, il dirigente di An che l’ha inventata? La risposta, allora, è stata “no”. Almeno per la parte del Tatarellum che prevede il cosiddetto ‘sforamento’. (foto a destra: Rosario Crocetta)

In pratica, nelle altre Regioni italiane, quando i candidati forti sono più di due, si può verificare (nel caso, ad esempio, di tre candidati) che vinca uno di loro per strettissima misura: 34 per cento con gli altri due candidati al 33 per cento a testa. Se si verifica tale eventualità, l’attribuzione dei seggi non dà la maggioranza a chi ha vinto. In questo caso la legge prevede lo ‘’sforamento’, ossia l’attribuzione ulteriore numero dei seggi allo schieramento del vincitore fino a garantirgli la maggioranza in Aula. E’ questo lo ‘sforamento’: se i seggi di un ipotetico consiglio provinciale sono 50, per assegnare la maggioranza d’Aula al vincitore delle elezioni si attribuiscono a questo schieramento dieci seggi in più. Per garantirgli, come già accennato, la maggioranza in Aula.

In Sicilia, nel 2001, si disse che lo ‘sforamento’ non sarebbe stato possibile perché il numero dei seggi di Sala d’Ercole – 90 – è ‘costituzionalizzato’. Lo Statuto siciliano fa parte della Costituzione e, per cambiarlo, anche per la parte che riguarda i seggi, bisogna passare dall’articolo 138 della Costituzione. Cosa che sta avvenendo, se è vero che, a Roma, si sta provando a ridurre i seggi di Sala d’Ercole da 90 a 70: operazione destinata a fallire, perché il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, si dovrebbe dimettere il prossimo 31 luglio, data in cui Camera e Senato non avranno ancora completato la ‘doppia lettura’ per ridurre i seggi di Sala d’Ercole.

Con più di due candidati forti alla presidenza della Regione siciliana si porrà il problema dell’attribuzione dei seggi a Sala d’Ercole per garantire al vincitore la maggioranza d’Aula (il minimo è 46 seggi su 90). Considerato che il Tatarellum – e quindi lo ‘sforamento’ – non dovrebbe essere applicato (il condizionale è d’obbligo perché in Sicilia può succedere di tutto), con quattro o cinque candidati potremmo assistere al seguente scenario caratterizzato da due condizioni.(foto a sinistra: Nello Dipasquale)

Prima condizione: se a competere saranno quattro o cinque candidati forti, il nuovo presidente della Regione potrebbe essere benissimo eletto con il 25-26 per cento dei voti (ricordiamo che alle regionali non c’è ballottaggio, ma vince chi prende più voti al primo e unico turno). Allo schieramento del vincitore andranno almeno 46 seggi (e forse sono pochi). Si potrebbe verificare, insomma,quello che si è verificato nel Consiglio comunale di Palermo dove, su 50 seggi, 30 sono andati alla lista che appoggiava il Sindaco che ha vinto (Leoluca Orlando), mentre i restanti 20 seggi sono stati divisi tra le opposizioni. Una cosa del genere si potresbe verificare anche nella nuova Assemblea regionale siciliana.

Andiamo ai candidati. Cominciamo con il centrodestra. Stasera, come già ricordato, Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud, ha ufficializzato la propria candidatura. Dal Pdl potrebbero emergere le candidature di Cascio e Castiglione. Ovviamente, non entrambi, ma uno dei due. Ora, con rispetto parlando, Castiglione, al di fuori da Catania, non lo conosce nessuno. Idem Cascio, che potrebbe prendere voti a Palermo. Mentre Miccichè, anche per il ruolo che ha esercitato in Forza Italia, è conosciuto in tutt’e nove le prvince dell’Isola. Detto con franchezza – e senza voler offendere nessuno – complice anche l’indebolimento del Pdl, né Cascio, né Castiglione hanno i numeri per tenere testa a Miccichè. E’ probabile che, alla fine, se ne rendano conto e appoggino Miccichè.

Diverso il discorso per il ‘cartello’ Pid, parte del Pdl, Mpa, Fli, Mps e Api. Qui le opzioni sono due. Se il centrosinistra esprimerà un candidato unico, è possibile che Miccichè e questo ‘cartello’ trovino un accordo. Ma se – com’è probabile –  sinistra e centrosinistra presenteranno due o tre candidati, Pid, parte del Pdl, Mpa, Fli, Mps e Api proveranno a giocarsi la propria partita. Perché con quattro o cinque candidati a presidente della Regione – magari puntando su Innocenzo Leontini (o su un altro candidato) – avrebbero tutti i numeri per raggiungere e magari superare il 25 per cento. (foto a destra: Bernardo Mattarella)

Nel centrosinistra la situazione è confusa. C’è già la candidatura d Rosario Crocetta, che da un mese ormai è in campagna elettorale. Appoggiato da Giuseppe Lumia, da Antonello Cracolici e da altri esponenti del Pd, Crocetta si annuncia un candidato tosto e darà filo da torcere a tutti.

C’è anche la candidatura di Bernardo Mattarella, parlamentare regionale del Pd. Di fatto, la sua si annuncerebbe
come una candidatura di scuola democristiana: ad appoggiarlo ci sarebbe sicuramente lo zio, Sergio Mattarella, ‘notabile’ del Pd siciliano; una parte del Pd (per esempio, Mirello Crisafulli, che gli assicurerebbe una gran massa di voti in provincia di Enna, ma anche Sergio D’Antoni, Giuseppe Lupo e via continuando); Italia dei Valori di Leoluca Orlando e, forse, l’Udc di Giampiero D’Alia. Della candidatura di Bernardo Mattarella, figlio del compianto Piersanti Mattarella, il presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio del 1980, parla da tempo, come già ricordato, Aurelio Scavone.

Tutti si stupivano del silenzio di Orlando. A quanto pare, il Sindaco di Palermo aveva già stretto l’accordo con i suoi vecchi compagni di cordata dell’Università di Palermo: per esempio, Sergio D’Antoni (e forse anche Luigi Covilovo, legato a D’Antoni da antica militanza). Per la cronaca, D’Antoni e Orlando erano tra i consulenti di Piersanti Mattarella insieme a Salvatore Butera Vito Riggio.  Insomma:quella di Bernardo Mattarella potrebbe essere una candidatura di spessore.

Difficile capire che farà Rifondazione comunista, un partito che, a Palermo, è alleato con Orlando.

In campagna elettorale è già Claudio Fava, leader di Sel. Fava non dovrebbe ritirare la propria candidatura. Per un motivo semplice: perché la sua candidatura dà alla lista Sel la spinta necessaria a provare a raggiungere il 5 per cento, che è la sglia di sbarramento per accedere con propri deputati all’Ars.

Della partita sarà anche Nello Dipasquale. Candidato sottotraccia, il Sindaco di Ragusa è più forte di quanto non sembri. Dipasquale, che alla fine è – insieme con i grillini – la novità di questa campagna elettorale, potrebbe essere la sopresa. E un candidato che parla con la gente. Che ha costruito, in quest’ultimo anno, un buon rapporto con esponenti della società civile in tutt’e nove le province dell’Isola. La sua forza sta nella debolezza della politica tradizionale. Lo ripetiamo: Dipasquale potrebbe essere la vera sorpresa delle prossime regionali. Il 26-27 per cento è alla sua portata.

Quindi il Movimento 5 Stelle. Che dovrebbe presentare un candidato alla presidenza della Regione e, naturalmente, le liste. Non sappiamo se andrà insieme con qualche altro partito o da solo. Ma sappiamo che i voti li prenderà. Tanti voti.

 

 

 


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