Elettrodotto della Valle del Mela: quanto vale la vita di un uomo?

Nei giorni scorsi sono accaduti fatti che fanno tornare alla memoria il capitolo 18 del libro della Genesi. Nelle sacre scritture si narra della malvagità degli abitanti di Sodoma e Gomorra che, giunta al culmine, aveva reso necessaria la distruzione di quelle città da parte di Dio. Allora, Abramo chiese al Signore cosa avrebbe fatto se in quelle città, oltre agli empi, vi fossero stati anche cinquanta uomini giusti. Dopo un’attenta discussione degna di un legale del foro, Abramo, per non uccidere “un solo giusto”, riuscì ad evitare che le città venissero distrutte.

La domanda è: se un’azienda potesse portare ricchezza o fornire servizi ad un territorio, quale sarebbe il costo, in termini di vite umane sacrificate, di malattie terribili e di mostruosità genetiche che dovrebbe essere considerato “accettabile” e “giustificato” dalla popolazione e da tutti noi, per consentire a quest’impresa di conseguire maggiori profitti e di far crescere l’economia del Paese?

La realtà è che, da molti anni ormai, si parla dei problemi di impatto ambientale che ha causato e che continua a causare il Progetto dell’ elettrodotto Terna (il nome stesso della ditta appaltatrice è biblico, ma è solo una casualità) a 380 KV, Sorgente Rizziconi tratto aereo Villafranca Tirrena – San Filippo del Mela. Come nel caso dell’Ilva di Taranto, ancora una volta, stanno accadendo cose che dovrebbero far riflettere tutti, i cittadini, i politici e anche gli stessi amministratori che gestiscono queste aziende.

I fatti sono questi. Un’azienda ha deciso, pur essendo perfettamente consapevole che certi impianti avranno conseguenze dannose sulla salute di quanti vivono nelle vicinanze, di continuare a operare in questo modo. A nulla sono valse, sino ad oggi, le proteste degli abitanti e degli amministratori locali.
A nulla sono valsi i dati degli studi che hanno comprovato, qualora ce ne fosse stato bisogno, il rapporto di causa ed effetto tra la realizzazione degli impianti della Terna e una serie di malattie gravi, invalidanti e letali, che hanno tassi di incidenza sull’area interessata dagli impianti istallati dalla ditta molto superiori alla media nazionale.
A nulla è servito aver indetto un Tavolo Tecnico dall’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia.

A Terna è evidente che importano solo i soldi e nient’altro. E allora la ditta appaltatrice dei lavori per l’Elettrodotto pur se “senza verifica di ottemperanza” e in barba all’invito del Governo Regionale “pur avendo riconosciuto le criticità del progetto, procede, e con molta lena, nei lavori contestati, incurante delle richieste provenienti dalle popolazioni ed amministrazioni locali” come ha affermato l’avvocato Nino La Rosa, portavoce del Coordinamento ambientale Tutela del Territorio del Tirreno. 

Del resto che  Terna fosse interessa solo al profitto è evidente dalle sue stesse dichiarazioni. Alla richiesta di effettuare un impianto non particolare, ma semplicemente rispettoso delle norme di legge in materia, la risposta dei tecnici di Terna è stata “I cavi interrati, in caso di guasto, richiedono tempi di riparazione dell’ordine di settimane, durante le quali la rete elettrica circostante deve assolvere ai compiti della linea. Ma quella siciliana è obsoleta e poco magliata, già ora insufficiente a garantire in sicurezza la continuità di alimentazione di una vasta area. Aumenterebbe il rischio di sovraccarichi e si peggiorerebbero gli attuali problemi elettrici siciliani”.
Terna si è giustificata dicendo che il progetto in fase di realizzazione è frutto di lungo percorso di condivisione con gli enti locali, che è iniziato nel 2005 e, che, al Protocollo d’Intesa con tutti i Comuni interessati, la Provincia di Messina e la Regione Sicilia si è giunti nel 2007, dopo oltre 100 incontri e sopralluoghi per la definizione dei criteri localizzativi e del percorso della nuova linea.
Come dire: “Ve lo avevamo detto e visto che per non si sa quale motivo (indagheremo dopo su questo punto) non ci avete detto di no, ora possiamo fare quello che vogliamo”. Anche se centinaia o decine o fosse anche una sola persona ne avrà conseguenze sulla salute.

Infatti, ciò che dovrebbe sorprendere è che quando si parla di imprese di queste dimensioni, e i casi che lo provano (nel mondo e in Italia, basti pensare a ciò che, ancora oggi, accade con l’Ilva di Taranto) sono centinaia, il problema per l’azienda non è se a causa delle proprie scelte alcune persone soffriranno per il resto della vita di malattie degenerative gravi o moriranno. Il problema è effettuare un’analisi costi/benefici della scelta: se, ammesso che siano mai dimostrati in ambito giudiziario, pagare (o far pagare alle compagnie di assicurazioni) eventuali danni a persone e cose costerà meno del risparmio che deriverà dal non aver adeguato gli impianti, l’impresa non lo farà. Semplice, cinico, forse mostruoso, ma reale.

La ditta fermerà i lavori sono nel caso in cui si convincerà che l’eventuale pagamento per i danni causati alla popolazione sarà maggiore dei costi per l’adeguamento degli impianti. Fino ad allora cercherà di trovare tutte le vie per giustificare il proprio operato e per convincere le autorità pubbliche, che avrebbero dovuto assurgere al ruolo di tutori della salute dei cittadini, che il loro operato è conforme alle norme vigenti.

E, per farlo, forse riusciranno anche a convincere l’Antitrust a inviare una segnalazione al Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Giovanni Ardizzone e al Presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, invitandoli a non bloccare il progetto per la realizzazione e l’esercizio dell’elettrodotto arrivando al punto da minacciare di prendere provvedimenti:

“Ulteriori iniziative assunte dalle istituzioni regionali al fine di ritardare la realizzazione dell’opera di fondamentale importanza nella prospettiva della risoluzione delle criticità strutturali del sistema elettrico siciliano, rappresentano un ostacolo frapposto alla risoluzione di una problematica concorrenziale che attualmente grava sui costi dell’energia pagata dalle imprese e dalle famiglie di tutta la nazione. Qualora l’opera venisse bloccata o ritardata, si suggerisce la revisione del Prezzo Unico Nazionale con la quale la Sicilia pagherebbe il suo prezzo che è molto più alto rispetto alla media nazionale” è quanto ha affermato pochi giorni fa Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Authority e per giunta anche lui siciliano.

È grazie a questa politica che Terna, azienda nata da una costola di Enel, ha raggiunto nei giorni scorsi il proprio massimo in borsa con un dividendo (ovvero soldi che verranno dati agli azionisti) che, in un momento di crisi come questo fa gola a molti. Azionisti la cui coscienza è a posto: loro non sanno che questi soldi sono frutto di politiche di gestione fatte sulla pelle di altri cittadini come loro.

Eppure un sistema veloce e efficace per risolvere il problema ci sarebbe: trasferire le abitazioni di tutti i dirigenti della Terna, di tutti quelli, inclusi i politici e i tecnici che hanno permesso o sollecitato la realizzazione dei lavori, e dei loro familiari, nelle case sulle quali, a pochi decimetri, passano gli impianti della Terna. Anzi a dire il vero basterebbe che almeno un familiare per ciascuno di questi enti, pubblici o privati che siano, si trasferisse nelle case sovrastate dalle linee realizzate da Terna. E allora si vedrebbe se come affermato dalla ditta appaltatrice il fatto che “la nuova linea garantirà la sicurezza elettrica, riducendo il rischio di black out, e incrementerà la capacità di trasporto tra la Sicilia e il Continente” sarà sufficiente a compensare non il rischio, ma la certezza di dover affrontare nella vecchiaia, ammesso che ci si arrivi, malattie come leucemie e tumori.

E mentre Stato, Regione e Terna stanno a parlare, la gente della Valle del Mela continua a morire. Forse dovranno aspettare che Abramo convinca la Terna di sospendere i lavori……..

………o che qualcuno convinca Terna che, tra spese legali e risarcimenti, i costi saranno maggiori di quelli necessari per mettere in sicurezza gli impianti………

Ascari e dintorni/ Valle del Mela, per l’Antitrust l’elettrodotto s’ha da fare


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