Cronaca

La cocaina sull’asse Catania-Licata e il ruolo del paninaro Vitale. «Sa di fragola, ti bruciano gli occhi»

Un canale per le forniture di droga lungo la rotta Catania-Licata. Protagonista chiave, secondo le accuse, Santo Vitale, fratello di Giuseppe detto Pinuccio, Franco, meglio noto come Ciccio, e Fabio Vitale. Da tutti conosciuti – collaboratori di giustizia compresi – con l’appellativo di «paninari» per l’attività, gestita dal padre Angelo Vitale, nei pressi della stazione centrale di Catania. Nei giorni scorsi, il camion è finito sotto sequestro dopo l’inchiesta Slot Machine della guardia di finanza etnea. Adesso il nome di uno dei fratelli Vitale – quello di Santo panini – torna d’attualità perché compare tra i destinatari dell’ordinanza di misura cautelare in carcere dell’operazione Hybris della procura di Agrigento. Il 5 agosto del 2021 gli investigatori intercettano una telefonata, effettuata tramite l’applicazione Messenger di Facebook, tra il pregiudicato Gioele Carmelo Musumeci e Michele Cavaleri. Oggetto della discussione l’acquisto di «macchine». Dietro la trattativa, però ci sarebbe stato altro: una maxi partita di cocaina da fare arrivare in provincia di Agrigento.

Effettivamente cinque giorni dopo la prima telefonata effettuata tramite Facebook, gli inquirenti monitorano l’incontro tra le due fazioni, avvenuto in uno stabile in via Vanvitelli, a Licata (nell’Agrigentino). Tra i partecipanti c’è anche un uomo che viene chiamato dai partecipanti «», diminutivo secondo i magistrati di Santo Vitale. Lo spyware della polizia, attraverso uno degli smartphone dei presenti, capta voci e rumori, in particolare quelli che sembrano essere riconducibili a dei pacchi in plastica che vengono sconfezionati. Dentro ci sarebbe stata la droga, nascosta tra camere d’aria e sangue animale per confondere il fiuto dei cani antidroga. «Sa di cioccolata, di fragola – diceva Vitale riferendosi secondo la polizia alla qualità della cocaina – Qua ti bruciano gli occhi con me».

Durante l’incontro tra i due gruppi, oltre alle valutazioni sulla qualità della cocaina, si sarebbe proceduto al pagamento della fornitura arrivata da Catania. A consegnare parte dei soldi sarebbe stata la moglie di Cavaleri – Antonietta Casaccio – dopo averli prelevati in un’abitazione vicina. «Io non li voglio contare», spiegava Vitale. «No, li devi contare. Si contano sempre», replicava l’uomo di Licata, come riportato nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare. Dietro l’affare si sarebbe celata anche qualche lamentela per il prezzo praticato. «Sei troppo caro Santo», diceva Cavaleri al figlio dell’imprenditore dei panini (quest’ultimo non coinvolto, ndr). Il trafficante etneo però, secondo la ricostruzione fatta dai pubblici ministeri, si sarebbe giustificato spiegando di avere comprato la cocaina a 38mila euro al chilo e di averla importata in Sicilia dalla Calabria. Tra l’indagato originario di Licata e Vitale si sarebbero aperti anche i margini per l’acquisto in comune di una partita di droga. «A quanto la prendi più poco che la prendi?», chiedeva Cavaleri. «Quando la devo andare a caricare io la prendo a 35 (35mila euro al chilo, ndr)». «E se te la faccio prendere a 32?», proponeva l’interlocutore. «Fammi dare un appuntamento, ci parlo io a Catania», replicava Vitale.

Al termine dell’incontro, secondo la ricostruzione degli investigatori, il gruppo di Licata avrebbe consegnato a Vitale e Musumeci poco più di 33mila euro, lasciando un debito residuo di ottomila euro. Somma che sarebbe stata consegnata il giorno successivo. «Mille euro – diceva Musumeci – glieli devo dare a quello che l’ha portata», riferendosi probabilmente a un corriere della droga. Il giorno successivo, la polizia monitora un nuovo faccia a faccia, a cui però si sarebbe presentato solo Musumeci. In quel contesto, la partita di cocaina sarebbe stata saldata del tutto.

Dario De Luca

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