Dalle sei di mattina alle dieci di sera, vita da impiegato in un distributore di benzina

Il mercato del lavoro in Sicilia non offre granché. Quando va benisssimo ti assumono. Quando va bene ti sfruttano. Ordinariamente, sei un disoccupato. Va un po’ meglio per chi lavora nel pubblico. Anche loro, per carità, vivono situazioni di disagio, come avviene, in questi ultimi tempi, per i medici che operano negli ospedali pubblici. Nulla a che vedere, però, con quello che accade tra le mura “amiche” dei datori di lavoro cosidetti privati. La testimonianza che riportiamo in queste righe non vuole fare di tutta l’erba un fascio. Ma, ne siamo sicuri, rappresenta molto bene quelle che sono le condizioni di tanti lavoratori siciliani che diventano, loro malgrado, “vittime” di tirannici e profittatori datori di lavoro.
Incontriamo così Stefano, dipendente di un distributore di benzina che opera sul territorio regionale. Stefano, ovviamente, preferisce restare anonimo e per questo gli diamo un nome di fantasia. Lui, se vogliamo, vive una forma di ‘martirio’ che lo rende schiavo di chi lo paga solo perché lui ha bisogno di lavorare.

Racconta ai lettori di Linksicilia quali sono i tuoi orari di lavoro.

“Ogni mattina devo essere al distributore alle sei in punto. Sto lì in piedi fino alle tre del pomeriggio. A quell’ora, grosso modo, i titolari mi concedono la grazia di prendere un boccone. A conti fatti, un’ora di pausa, non di più. Poi di nuovo al lavoro.Resto lì fino alle ventidue”.

Ogni giorno?

“Ogni giorno”.

Nemmeno la domenica riesci a riposare?

“La domenica si lavora pure. Abbiamo libero solo un giorno durante la settimana. Anche se adesso, con le festività natalizie, ci hanno tolto pure quello”.

Quindi puoi riposarti solo i giorni di festa…

“Feste? Quali feste! Qui si lavora sempre. Senza sosta. Anche nei giorni di festa”.

E i sindacati?

“Sindacati? Che sono ‘sti sindacati. Se prendo questo discorso mi licenziano. In tronco”.

Insomma, per ora lavori sette giorni su sette.

“Sì”.

Dalle sei di mattina alle dieci di sera con una sola ora libera per la pausa pranzo.

“Esatto”.

Almeno sei ben pagato e messo in regola?

“Ben pagato e messo in regola un corno! E’ vero, mi danno la busta paga. Però risulto inquadrato come part time e, quindi, dovrei lavorare almeno la metà del tempo. Per non parlare, poi, dei pagamenti: 700 euro al mese! Una miseria se è vero che lavoro, da mattina a sera, sette giorni su sette”.

Neanche 2 euro l’ora!

“Già, neanche 2 euro l’ora. E nemmeno un sogno da potere realizzare. Come vuoi che mi sposi, che possa avere una famiglia, una casa? Con la mia fidanzata abbiamo deciso di restare così, per ora. Ognuno a casa sua. E’ più conveniente…”.

Stefano, 28 anni, occhi molto profondi ed espressivi. Gli si accende una luce che sfavilla dalle pupille mentre pronuncia queste parole. E’, forse, la luce della speranza che vive ancora dentro di lui. Qualcuno chiama i giovani come lui “bamboccioni”. Qualcuno che, probabilmente, non sa bene che a 33 anni con uno stipendio da povertà, senza tempo per sé e per gli altri, sfruttati e maltrattati è difficile che venga voglia di mettere su famiglia. Anzi, non se ne parla proprio…

Pietro Del Grande

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