Covid e crisi dei consumi, Catania maglia nera in Sicilia Insegne storiche scelgono di abbassare le saracinesche

L’arte di perdere indossando la maglia nera dell’ultimo classificato nelle competizioni ciclistiche a tappe. Facendo un paragone tra il mondo delle due ruote e l’andamento della pandemia sembra il destino del settore ristorazione in Italia. I numeri da marzo 2020 non lasciano spazio a interpretazioni tra lockdown e chiusure colorate che si alternano con cadenza settimanale. L’ultimo report, stilato dall’osservatorio permanente Confimprese-Ey, conferma l’andamento disastroso del settore con un trend negativo dei consumi del 46,8 per cento. Tra le province siciliane a dicembre la peggiore è stata Catania con una perdita secca del 50,7 per cento. Seguita da Palermo, 43,6 per cento, e Ragusa al 43 per cento. 

In un contesto del genere, e con l’inizio della zona rossa su base regionale, alcune insegne storiche della città etnea hanno preferito abbassare le saracinesche. Niente asporto o consegne a domicilio ma una pausa di alcune settimane nella speranza che l’emergenza possa rientrare. «Abbiamo registrato un crollo del fatturato di circa il 50 per cento», spiega a MeridioNews Rosario Menza, componente del direttivo di Fipe Confcommercio. La sua attività, nata nel 1863 come panificio e poi trasformata in un bar-pasticceria e gastronomia, ha dato l’annuncio attraverso la pagina Facebook. «Considerato il nuovo Dpcm, abbiamo deciso di chiudere temporaneamente in attesa di un miglioramento della situazione generale».

«Con l’asporto, durante le festività, siamo riusciti a portare avanti la baracca – continua Menza – ma adesso preferiamo fermarci perché di fatto è più conveniente chiudere». Nell’attività tutti i dipendenti sono in cassa integrazione anche se alcuni di loro aspettano ancora gli aiuti di metà luglio. Tra i nodi più discussi c’è proprio quello dei cosiddetti ristori, cioè gli aiuti economici per il settore. Ieri la direzione regionale dell’Agenzia delle entrate ha specificato come in Sicilia siano stati erogati 553,37 milioni di euro di contributi a fondo perduto: 403,07 milioni dal decreto Rilancio e 150,30 milioni dai decreti Ristori. Soldi che per gli esercenti però non bastano. 

«Dall’inizio della pandemia abbiamo avuti tre ristori – spiega Menza – ma non ci hanno permesso nemmeno di pagare la luce. Hanno un’incidenza del tre per cento sul fatturato perso. La verità è che c’è bisogno di aiuti concreti perché il 30 per cento dei ristoranti non aprirà più». La decisione di Menza non è però un fatto isolato. Stesso scenario anche per lo storico bar Europa e per la pasticceria e gelateria Ernesto. In quest’ultima attività prima di abbassare le saracinesche è stata lanciata un’iniziativa contro lo spreco alimentare mettendo in vendita i prodotti a metà prezzo. Per Menza l’unica soluzione sarebbe «un lockdown vero e proprio. C’è troppa gente che circola nella nostra regione, la stessa che lunedì è stata la prima in Italia per numero di contagi».


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