Ancora un tampone a confermare il contagio da coronavirus di uno dei dipendenti dell'azienda farmaceutica della zona industriale di Catania. Si tratta di un 40enne impiegato nel reparto delle produzioni penicilliniche che è stato a lavoro fino allo scorso 30 marzo
Covid-19, ora sono sei i lavoratori positivi di Pfizer «Modificare il modulo per tracciare i contatti interni»
È arrivata la
conferma della positività del tampone per il Covid-19 per un altro lavoratore dello stabilimento dell’azienda farmaceutica Pfizer. Questo nuovo contagio accertato fa salire a sei il numero dei dipendenti risultati positivi dall’inizio della pandemia a oggi. Quest’ultimo caso riguarda un lavoratore di circa 40 anni che lavora nel reparto delle produzioni penicilliniche. Stando a quanto risulta a MeridioNews, l’uomo che fino allo scorso 30 marzo sarebbe stato regolarmente a lavoro, adesso si trova in quarantena domiciliare perché per le sue condizioni di salute non gravi non è stato necessario il ricovero in ospedale.
Dopo la morte del dipendente di 52 anni addetto al controllo della documentazione, avvenuta lo scorso 16 marzo nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Cannizzaro, sul colosso multinazionale che ha sede nella zona industriale di Catania si sono accesi i riflettori. Pochi giorni dopo questo decesso, infatti, si è registrato il caso di positività al Covid-19 di un lavoratore di 22 anni. Quest’ultimo, che non appartiene allo stesso reparto in cui lavorava la vittima e che non sarebbe stato tra i cinquanta colleghi posti in quarantena domiciliare preventiva, è stato ricoverato all’ospedale San Marco di Catania insieme alla moglie, anche lei poco più che ventenne. Lei si trova ancora nel nosocomio catanese, mentre lui è stato dimesso ieri.
Due giorni dopo, al conteggio dei
positivi si è aggiunto un terzo lavoratore, un uomo sulla cinquantina per cui era stato disposto l’isolamento a casa obbligatorio perché era entrato in stretto contatto con il collega deceduto. Il 26 marzo, poi, è arrivata la conferma della positività di un lavoratore di circa 35 anni impiegato nel reparto della produzione. Prima di scoprire di essere stato contagiato dal nuovo coronavirus, l’uomo aveva avuto diversi sintomi tra cui anche la febbre alta. Il ricovero in ospedale non si è reso necessario e anche questo dipendente è stato posto in quarantena domiciliare. Il tampone risultato positivo, che aveva fatto salire a cinque il numero dei contagiati tra i lavoratori della Pfizer, è di un 45enne impiegato come manutentore nello stesso settore in cui lavorava il 52enne deceduto e che si occupa delle stesse attività del quarto lavoratore risultato positivo.
Da quando la
pandemia ha interessato anche lo stabilimento della zona industriale, è cominciato un braccio di ferro tra la direzione aziendale e le sigle sindacali che chiedevano la chiusura del sito. Tra le due parti, alla fine, si era raggiunto un accordo che prevedeva che il sito restasse attivo solo nelle «aree selezionate» che producono «farmaci essenziali», cioè gli antibiotici ad ampio spettro. Un accordo scaduto lo scorso 29 marzo. Da quel momento, l’azienda ha ripreso in modo graduale anche il resto delle produzioni di farmaci. «Intanto, però, i casi di positività tra i lavoratori continuano ad aumentare», lamenta Giovanni Romeo della Filctem Cgil. È per questo che i sindacati continuano a chiedere che la produzione e il lavoro non riprendano a pieno ritmo.
Dal canto suo, l’azienda punta sul fatto che nello stabilimento catanese si producono farmaci fondamentali per la salute delle persone. «È giusto pensare ai pazienti – commenta Romeo – ma assicurando anche sempre l’assoluta tutela dei lavoratori». Come molte aziende, anche la Pfizer ha fatto ricorso allo smart working nei settori in cui è possibile. Inoltre, all’interno del sito viene fatta la tracciatura dei contatti interpersonali tra i dipendenti. «Il modulo – spiega il sindacalista – prevede che vengano registrati soltanto i contatti che si sono avuti per più di 15 minuti. Chiediamo di modificare questo criterio perché, solo per fare l’esempio più recente – conclude – se, giorno 30 marzo, il lavoratore risultato contagiato avesse interagito con dieci persone per 12 minuti, questi contatti non sarebbero registrati nel modulo».