Intervista a Carmelo Iacobello, primario di Malattie Infettive dell'ospedale Cannizzaro di Catania. «Al momento, dovrebbero preoccupare di più i turisti che arrivano da zone critiche», dichiara a MeridioNews. Sulla movida: «Giovani difficili da tracciare»
Covid-19, come si sta evolvendo l’epidemia in Sicilia «Aprire discoteche e tamponi solo ai migranti? Errori»
Dati che si aggiornano, ordinanze regionali titubanti, sindaci che chiudono le spiagge in vista di Ferragosto e responsabilità collettiva a corrente alternata. La situazione epidemiologica in Sicilia è in continuo divenire e fotografarla non è impresa affatto semplice. Dopo i mesi di chiusura, in ogni parte della Sicilia la vita pare essere tornata alla normalità. Ma nonostante i bollettini sullo stato dei contagi non siano più quotidiani, la crescita dei nuovi casi positivi non sta passando inosservata agli infettivologi. Tra loro Carmelo Iacobello, primario di Malattie infettive all’ospedale Cannizzaro di Catania.
Dottore Iacobello, in Sicilia ci sono 450 positivi. E il trend in crescita non sembra fermarsi. Ve lo aspettavate?
«La risalita dei contagi era in parte attesa perché riducendo le misure di contenimento è normale che il virus torni a circolare. Ma dobbiamo tenere conto anche dell’aumento dei tamponi che ci ha consentito di tracciare meglio la popolazione. Aumentando il numero di strutture che si occupano di diagnosticare il Covid-19, cresce di pari passo la capacità di individuare i positivi. Questo non significa che non ci siano motivi di preoccupazione».
Cosa la impensierisce di più?
«Il fatto che al momento siano parecchi i giovani positivi. Ricordiamo che si tratta di una categoria che ha una maggiore capacità di resistere al virus e questo, da una parte, significa che non richiedono cure particolare ma, dall’altra, fa sì che siano i maggiori diffusori del virus».
Lo spauracchio degli asintomatici.
«Un’occasione in cui tanti giovani entrano in contatto tra loro risulta potenzialmente pericolosa perché aumenta esponenzialmente il rischio di diffusione. Con conseguenze importanti nel momento in cui gli stessi entrano in contatto poi con soggetti più suscettibili, come gli anziani. Purtroppo c’è da dire che, oltre alla bassa sintomatologia, la difficoltà nell’intercettarli passa anche dalla tendenza a sottrarsi ai controlli».
La festa dell’Afrobar, da questo punto di vista, è esemplare.
«Per una serata con almeno mille partecipanti, diciamo che si è riusciti a intercettare pochi contatti. Purtroppo, però, al momento prevale il timore di fare la quarantena e, così, in molti si rifiutano di collaborare. Questo chiaramente mette in crisi il sistema di monitoraggio».
In Sicilia pare che l’R con t sia tornato a livelli preoccupanti.
«Ci aggiriamo sull’1,4-1,5. Sono valori che richiedono un’adeguata valutazione della situazione. L’R con t è un valore che descrive la contagiosità di un virus in relazione anche del contesto e delle misure di contenimento adottate».
A tal proposito, in giro non si vedono molte mascherine.
«Al chiuso però ci sono certe situazioni, mi viene da pensare ai supermercati, dove ritengo che ormai sia un comportamento diffuso. Indossarle è fondamentale in ogni situazione in cui possiamo trovarci a contatto con un potenziale diffusore del Covid-19. Ovviamente più un luogo è affollato e più aumentano i rischi».
Il presidente Musumeci ha vietato le discoteche al chiuso, mentre per le serate all’aperto si è limitato a ricordare di rispettare le distanze. Qual è la sua posizione?
«Riaprire le discoteche è stato un grave errore. Sono luoghi in cui è difficile riuscire a controllare sia l’uso delle mascherine che, tanto più, il rispetto delle distanze. È evidente che la politica ha fatto le proprie valutazioni, anche di natura economica. Io dico che tra benefici e rischi in questa fase a prevalere siano i secondi».
Restando in tema di valutazioni, che ne pensa di questo continuo riferimento alla promiscuità dei migranti e ai rischi che ne derivano in fatto di diffusione del virus?
«Io onestamente non parlerei di migranti, ma di viaggiatori. La situazione epidemiologica africana non è chiara e qualsiasi valutazione si basa su ipotesi. Molto di più, invece, sappiamo della gravità della situazione in altri Paesi. Ecco, io sarei molto più preoccupato a sapere che in Sicilia sbarchi, anche se con un aereo, un cittadino statunitense, brasiliano, ucraino o proveniente del Sud-Est asiatico».
Eppure i tamponi obbligatori sono stati decisi soltanto per chi arriva sui barconi.
«Anche questo è un errore figlio di considerazioni basate su questioni che vanno oltre l’aspetto epidemiologico. Io con i turisti sarei stato chiaro e avrei detto che si poteva arrivare in Sicilia, ma si sarebbe stati sottoposti al tampone obbligatorio e, nel caso di positività, si sarebbe dovuta fare la quarantena. Vacanze rovinate? Un’eventualità che bisognava tenere in conto in un momento come quello che stiamo vivendo».
Lei come si immagina il prossimo futuro? Ritorna il lockdown?
«Non credo che l’autunno sarà come la primavera che abbiamo trascorso. Ci arriveremo più preparati. Avremo probabilmente episodi di piccoli cluster epidemici in contesti particolari come le case di riposo o determinati contesti lavorativi, ma non ci sarà una chiusura generale. Specialmente se avremo un comportamento prudente».
Nonostante tutto è ottimista.
«Sono una persona ottimista ma, in questo caso, confido nel fatto che tutti continuino ad adottare le misure contenitive previste».