Consumo del suolo e allagamenti in Sicilia: «La soluzione sono le città-spugna»

L‘isola continua a perdere terreno: solo nel corso del 2024 il consumo di suolo in Sicilia ha interessato 799 ettari. Una superficie che, per rendere l’idea, equivale a circa 1120 campi da calcio. Colate di cemento che perseverano nel sigillare il suolo e a renderlo, quindi, impermeabile. Consumo di suolo e allagamenti in Sicilia sono due fenomeni collegati. Il risultato, con le prime piogge autunnali, è stato già – e di nuovo – sotto gli occhi di tutti. Sedie e tavoli che galleggiano trascinate dall’acqua in piazza Archimede a Siracusa; allagamenti nelle borgate di Partanna-Mondello a Palermo; scalinate trasformate in cascate nel Catanese. Senza dimenticare Marianna Bello, la 39enne ritrovata cadavere dopo 19 giorni da quando era stata trascinata via durante un nubifragio a Favara, in provincia di Agrigento. «La soluzione sarebbe pensare le città come spugne», suggerisce Giuseppe Cirelli, professore di Idraulica agraria all’Università di Catania, che prende in prestito il concetto di città-spugna coniato dall’architetto cinese Kongjian Yu.

Il concetto di città-spugna

Una tecnologia verde basata su pochi semplici principi: trattenere l’acqua, rallentarne il flusso, infiltrare per ricaricare le falde, filtrare naturalmente l’acqua e riusarla, rilasciarla gradualmente. «Tutto sta – spiega Cirelli a MeridioNews – nel cambiare approccio sulla gestione delle acque piovane. Gli attuali sistemi di drenaggio sono carenti e non riescono a gestire l’intensificazione della caduta delle piogge». Con il cambiamento climatico in corso, infatti, si arriva anche a picchi che superano a cento millimetri l’ora. Che significa centro litri di acqua su un metro quadrato. Il connubio tra il consumo di suolo in Sicilia e gli allagamenti è quasi ovvio: «Le città si allagano – afferma il docente di UniCt – perché abbiamo sigillato il suolo». E continuiamo a farlo, stando ai dati pubblicati nel rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici affidato all’Ispra e al Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (Snpa).

Il consumo di suolo in Sicilia e gli allagamenti

In Italia, nel 2024, è stato raggiunto il valore del consumo di suolo più alto degli ultimi dodici anni: 83,7 chilometri quadrati, con un incremento del 15,6 per cento rispetto all’anno precedente. E con un ritmo che raggiunge i 2,7 metri quadrati al secondo, pari a quasi 230mila metri quadrati al giorno. E anche le cartografie della Sicilia, restituiscono un’isola che perde suolo libero: solo nel 2024 168.431 ettari. In percentuale la provincia con più consumo di suolo in Sicilia è quella di Ragusa con il 10,56 per cento, seguita da Siracusa con il 9,19 per cento e Catania con l’8,02 per cento. A seguire ci sono la provincia di Trapani (con il 7,85 per cento), poi Messina (6,04), Agrigento (5,80), Palermo (5,74), Caltanissetta (4,82) ed Enna (3,24). «Il consumo di suolo – si legge nel rapporto – rappresenta una delle principali minacce alla biodiversità, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza alimentare e alla resilienza climatica». Eppure, non tutto potrebbe essere perduto.

Intervenire sul costruito e costruire diversamente

«Bisogna avere il coraggio – asserisce Cirelli – di intervenire sul costruito e di costruire diversamente». Una sfida per il futuro dell’isola che potrebbe avere un punto di appiglio anche in alcune tradizioni del passato. «In molte città siciliane – analizza il docente di Idraulica – oltre il 20 per cento delle zone urbanizzate è costituito da strutture abbandonate che andrebbero dismesse». Invece di consumare suolo inutilmente. Ma non si limitano a questo gli interventi possibili sul già costruito. «Sarebbe fondamentale – aggiunge Cirelli – ripensare il verde esistente nelle città e progettare quello futuro con un paradigma nuovo». Per tornare al concetto di città-spugna, capace di assorbire, filtrare e riutilizzare i grandi flussi di acqua piovana, favorendo un nuovo equilibrio ambientale e urbano.

Soluzioni per un drenaggio urbano sostenibile

Il giardino della pioggia al Tondo Gioeni di Catania

Dalle pavimentazioni permeabili ai tetti verdi, dalle trincee di infiltrazione inerbite ai box alberati filtranti. Sono alcune delle soluzioni moderne per un drenaggio urbano sostenibile. Ma ce n’era una antica che, forse, potrebbe avere senso rispolverare. «In Sicilia – ricorda il docente – in passato nei cortili dei palazzi c’erano dei contenitori per la raccolta delle acque piovane provenienti da grondaie e pluviali. Poi sono stati dismessi, ma sarebbe funzionale – suggerisce Cirelli – ritornare a quelle vasche per la raccolta e il riutilizzo delle acque». Piccoli accorgimenti accanto a grandi progetti. Come quello che il professor Cirelli sta coordinando, per il giardino della pioggia al Tondo Gioeni di Catania per tentare di fermare i fiumi d’acqua che arrivano dai paesi etnei. «La rotonda – spiega il docente – diventerà un’infrastruttura verde per coniugare funzionalità idraulica, estetica e sostenibilità ambientale». Un’area di circa 1500 metri quadrati di terreni drenanti e piante autoctone per assorbire le acque piovane, riducendo il rischio di allagamenti e di sovraccarico delle reti fognarie.


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