Cronaca

Condoglianze social alla famiglia Messina Denaro e preghiere per il boss: dagli amici di Castelvetrano al ministro Salvini

Bacheche social piene di Rip – l’acronimo di Riposa in pace – per Matteo Messina Denaro. Che, da quando è stato catturato, è diventato anche uno degli hashtag più di tendenza. Sconosciuti che, mettendoci la faccia e il nome del proprio profilo Facebook, porgono «le più sentite condoglianze alla famiglia Messina Denaro». Ma c’è perfino chi il pensiero lo rivolge «alle famiglie». Chissà se per colpa di un refuso – una vocale al posto di un’altra digitata per sbaglio sulla tastiera – o per un volontario riferimento ai parenti non solo di sangue dell’ormai ex primula rossa di Cosa nostra. Qualcuno gli ha dedicato addirittura un Padre nostro, scritto accanto a un ritratto astratto del boss con i classici Rayban e una corona in testa. Del resto, sul proprio profilo Instagram, anche il ministro Matteo Salvini ha scritto che «la preghiera non si nega a nessuno».

«Non potendo essere vicino a voi in questo triste giorno, sappiate che il mio affetto è accanto a voi. Sentite condoglianze alla famiglia Messina Denaro». È un giovane siciliano l’autore di questo post pubblicato su Facebook a corredo della notizia della morte dell’ormai ex superlatitante, deceduto questa notte, tre minuti prima delle 2, nel letto della cella nel reparto riservato ai detenuti dell’ospedale San Salvatore de L’Aquila dove era ricoverato da quanto le sue condizioni di salute (legate al tumore al colon) erano peggiorate. «Che il Signore lo tenga in gloria e lo perdoni, pace all’anima sua», scrive una donna. «Riposa in pace grande uomo, amen», una schiera i commenti di risposta sotto diversi articoli di testate locali e nazionali con la notizia del decesso. E ci sono anche le parole di chi a Castelvetrano lo aveva conosciuto prima che iniziasse la sua trentennale latitanza: «Per me è un amico d’infanzia – si legge nel post pubblicato da un uomo sulla sessantina – Poi ognuno di noi fa le sue scelte di vita. Comunque, non sta a noi giudicare». «A me dispiace tanto sia che è stato preso sia che è morto – gli fa eco un giovane – Riposa in pace zio Matteo, tranquillo che quasi tutto Castelvetrano è dispiaciuta per la tua morte perché il bene c’è sempre e la morte non si augura a nessuno».

E c’è più di qualcuno che in un unico post mette insieme il Rip per Giorgio Napolitano – il presidente emerito della Repubblica morto due giorni fa – e quello per Matteo Messina Denaro. Definito, quest’ultimo, «un grande uomo, il migliore di questo mondo, una star, una leggenda, un mito. Onore a te fino alla morte». Parole spesso accompagnate da emoji di mani giunte in preghiera, cuori e fiori di ogni tipo. Qualcuno coglie l’occasione dell’ultimo saluto per ricordarlo come «un uomo che amava le donne, come me». Qualcun altro ricorda un’altra passione del boss, quella per il calcio: «Come è successo con Berlusconi (l’ex presidente del Consiglio dei ministri e fondatore di Forza Italia, deceduto il 12 giugno, ndr) nel giorno della sua dipartita, anche se hanno entrambi commesso dei reati, oggi Rip in pace, grande tifoso milanista».

Tra le ultime volontà del boss, ritrovate in un pizzino individuato dai boss in uno dei covi dove ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza, ci sarebbe anche quella di non celebrare i funerali in chiesa. «Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato». Uno spunto servito a qualcuno per celebrarlo, nel giorno della sua morte, come «un uomo che ha confessato i suoi peccati direttamente a Dio e non alla gente corrotta. Di certo, non un infame». L’aggettivo che, in modo dispregiativo, viene utilizzato per i pentiti che decidono di collaborare con la giustizia. Una scelta che Messina Denaro non ha fatto. «Io non mi farò mai pentito – aveva detto con convinzione durante il suo primo interrogatorio dopo l’arresto – Non ho più niente da perdere nella vita, anche perché sto perdendo la vita stessa. Però, desidero che mi rimangano i miei principi, giusti o sbagliati che siano». 

Marta Silvestre

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