Cgil Sicilia, è guerra tra Palermo e Catania per la leadership regionale

È scontro aperto, all’interno del sindacato rosso, tra le due camere del lavoro di Palermo e Catania. A cinque mesi dalle dimissioni di Mariella Maggio da segretario generale della Cgil per via della sua elezione a deputato regionale nel listino di Crocetta, le fazioni interne delle due città si contendono lo scranno più alto del sindacato siciliano..
Secondo indiscrezioni, infatti, i candidati più accreditati alla guida della Cgil sarebbero i due segretari di Palermo e Catania, rispettivamente Maurizio Calà e Angelo Villari. Il primo da anni alla guida dei metalmeccanici e poi della camera del lavoro del capoluogo siciliano, il secondo molto politicizzato e vicinissimo al Pd, tanto che il suo nome circolava anche tra i possibili assessori della giunta Crocetta.
Candidature sulle quali si discute da tempo in via Bernabei, sede del sindacato a Palermo, ma su cui non è ancora arrivato il placet di Susanna Camusso che, al momento, sembra essere totalmente disinteressata alle sorti del sindacato siciliano.

 Disinteresse che potrebbe tramutarsi in interesse acuto dopo le elezioni nazionali, quando gli equilibri politici saranno più chiari. Non a caso, infatti, la Sicilia, così come la Lombardia, giocherà un ruolo da protagonista nello scacchiere politico del Paese. E in questo quadro, assumerà un ruolo strategico anche la linea politica e l’indirizzo che deciderà di adottare la Cgil siciliana nei confronti della politica sia regionale che nazionale. Nonostante l’appoggio della Cgil al governatore Crocetta, sul tappeto rimangono infatti ancora nodi importanti da sciogliere.

Secondo fonti vicine al sindacato, Crocetta non avrebbe ancora fatto piena luce sulla situazione disastrosa dei conti regionali. Il nuovo segretario regionale dovrà quindi confrontarsi con un esecutivo politico ancora incerto sul piano del risanamento della finanza pubblica e su quello dello sviluppo economico. Anche per questa ragione, molti auspicano che le fazioni interne al sindacato possano risanarsi e convogliare su un unico nome che dovrebbe ottenere una maggioranza schiacciante all’interno del direttivo composto da oltre cento delegati in rappresentanza dell’intero territorio e di tutte le categorie.

Spaccature e fazioni avrebbero infatti solo l’effetto di indebolire il futuro segretario e, di rimando, rendere più incerta l’azione del sindacato in un momento molto difficile per l’intera economia dell’isola, alle prese con storiche vertenze e con un modello di crescita da reinventare di sana pianta. Proprio per questa ragione, in molti non escludono la possibilità che, alla fine, possa essere lo stesso segretario nazionale, Susanna Camusso, a decidere le sorti del sindacato siciliano indicando al direttivo un segretario di sua fiducia e chiudendo così i giochi. Una sorta di commissariamento? O più prosaicamente una mancanza di classe dirigente che si riflette anche nel sindacato? Certo è che molti sindacalisti di valore, negli anni, sono passati alla politica o hanno assunto posizioni di rilievo a livello nazionale, abbandonando di fatto la Sicilia ad un lento declino.

 


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