Cgil, i dati della crisi del mondo di occupazione e pensioni «Insegne storiche chiudono e dilaga il lavoro sommerso»

«Questo congresso ha bisogno di ascoltare e radicarsi, di misurare che rapporto c’è coi lavoratori e di accorciare le distanze a volte registrate, anche in questi giorni, tra ciò che discute il gruppo dirigente e quello di cui invece discutono i lavoratori». A partire proprio dai lavoratori di Palermo, dove si è conclusa oggi la due giorni organizzata dalla Cgil all’Astoria Palace. Un bilancio chiaro, senza giri di parole, che arriva dopo quanto raccolto in 387 assemblee, che hanno coinvolto oltre 54mila lavoratori e pensionati. Una full immersione, verrebbe da dire, conclusa dalla segretaria nazionale della Cgil Susanna Camusso, che nei giorni scorsi ha anche preso parte anche alla presentazione del libro Pio La Torre e la Cgil, a firma degli autori Dino Paternostro e Pierluigi Basile, alla Camera del Lavoro di Palermo. «Dobbiamo essere in sintonia coi nostri militanti, coi nostri lavoratori». Un incontro che ha preso di petto i dati della crisi, partendo da Palermo. Ma non sono mancati, ovviamente, anche i temi nazionali, dal reddito di cittadinanza al fenomeno migratorio.

«Non ci sono risposte per il Mezzogiorno, non c’è un’idea, un piano di interventi – spiega nel suo lungo intervento di chiusura -. C’è una discussione che non viene resa esplicita». Mentre i territori, in quanto a sanità, istruzione, lavoro dovrebbero invece via via diventare autosufficienti. «Non dobbiamo chiuderci nel mondo conosciuto: se ci immaginiamo di rappresentare nel Mezzogiorno solo lavoro contrattualizzato, non ci siamo». E i dati che riguardano il tema lavoro a Palermo, emersi con il XVI congresso della Cgil, sono davvero impietosi. A cominciare dal furto dei 60milioni destinati alle periferie, che ha innescato nei giorni scorsi la mobilitazione dei sindaci (metti link pezzo andrea). In fatto di lavoro, preoccupante la contrazione del tasso di occupazione, in un periodo fotografato dal 2008 al 2016 e che passa dal 43,3 per cento al 37,4 per cento. «Per gli uomini l’occupazione scende dal 57,7 al 48,8 per cento, mentre il dato delle donne cala dal 29,7 al 26,3 per cento – spiega Enzo Campo, segretario generale della Cgil Palermo -. La provincia di Palermo perde 43.674 occupati in tutti i settori: 1.231 in agricoltura, 18.702 nell’industria, di cui 5.688 nel manifatturiero e 13.014 nelle costruzioni. I servizi perdono 23.741 occupati, di cui 2.638 tra commercio, alberghi e ristorazione e 21.104 nelle altre attività».

Intanto, gli occupati in provincia di Palermo passano da 362 mila a 318mila, i disoccupati salgono da 74mila a 107 mila e gli inattivi crescono di 20mila unità, passando da 394mila a 414mila. «Sommando i disoccupati e gli inattivi, raggiungiamo la cifra di 521mila persone che, a vario titolo, sono fuori dai percorsi produttivi della provincia, circa il 44 per cento della popolazione locale. Il dato medio nazionale si attesta attorno al 27 per cento – continua Campo -. In questi anni siamo stati impegnati a governare la crisi e a limitare i danni dell’impatto sui lavoratori con procedure di mobilità, cassa integrazione e, quando è andata meglio, con contratti di solidarietà. Sono centinaia le vertenze che stiamo seguendo. Oltre alla difesa dei posti di lavoro siamo stati impegnati in vertenze strategiche che riguardano la crescita della nostra economia, dall’industria manifatturiera ai Cantieri navali e ai call center». In un confronto continuo con imprenditori, amministratori e i cambiamenti tecnologici, per rilanciare il mondo del lavoro a partire da ricerca, innovazione e ovviamente investimenti.

Dello stesso avviso anche Francesco Piastra, di recente riconfermato segretario generale della Fillea Cgil di Palermo, il sindacato degli edili, che non ha risparmiato qualche colpo anche all’amministrazione locale. «Io stimo molto il sindaco Orlando e quello che sta facendo in tema di migrazione e accoglienza, ma devo dirlo, devo dire che c’è una parte di città dolente di disoccupati, di periferie, di gente che vive male perché non ci sono servizi, perché non si è fatto il possibile per cantierizzare i soldi destinati proprio ai cantieri – dice -. Il passante ferroviario è un’opera importante, come può lo Stato lasciare che resti tutto sospeso dopo che è stato già speso oltre un miliardo? Per non parlare del fatto che, di norma, a Palermo una volta avviato il bando di gara poi passano minimo due anni prima di iniziare qualunque cosa, non è normale». È un intervento amaro, il suo, forse più di tanti altri, e che consta delle tante battaglie cui ha tentato di dar voce in prima persona, facendosi megafono dei lavoratori stessi. «Sindaco perché non ci risponde? Abbiamo tentato tante volte di dire che ci sono fasce di lavoratori che hanno difficoltà a trovare un impiego, servono agevolazioni, servono risposte – ribadisce -. Per non parlare delle infiltrazioni mafiose, che sono una realtà, e del lavoro nero».

E poi pone l’accento proprio sul settore che lo riguarda più da vicino, quello edile. Un mondo difficile, dove chi ha la fortuna di lavorare al momento vive nella costante incertezza del domani. «Le opere finiscono, alcuni lavori sono brevi. Chi è disoccupato, specie a Palermo, non ha al momento prospettiva di un lavoro futuro, molti non hanno ammortizzatori sociali. È tutto un grosso punto interrogativo – racconta Piastra -. Abbiamo svolto in questi mesi queste assemblee dal clima drammatico, direi. Nei luoghi di lavoro la preoccupazione che trasmettono i lavoratori è tanta. Ci sono, tuttavia, molte aspettative. Dobbiamo fare in modo che sia chiara un’altra opzione sociale-economica dell’Europa, perché oggi non è così. I lavoratori vedono l’Europa come un disvalore, al momento. Perché non creare un sindacato sovranazionale? Le criticità ormai non sono solo di Palermo». Città dove, più che altrove, l’emergenza occupazione resta prioritaria. E dove le future politiche di sviluppo e gli investimenti non potranno prescindere anzitutto dal tema della legalità. «Non è tollerabile che in un territorio come il nostro non ci sia più la presenza di un interlocutore stabile e diretto come era l’Agenzia dei beni confiscati, specie dopo lo scandalo legato alla giudice Silvana Saguto e alla ex prefetta Francesca Cannizzo – dice anche Monia Caiolo, segretaria provinciale della Filcams -. Palermo ha tanto bisogno di lavoro, le insegne storiche spariscono e dilaga il lavoro sommerso, basta ignorare questa realtà».


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