Nello Musumeci è durissimo: «Io non devo chiedere chiarimenti a nessuno, ci vuole solo la galera. Non basta? Cosa devo proporre, la fucilazione?». Le spine nel fianco del candidato alla presidenza della Regione per il centrodestra aumentano di giorno in giorno. L’annunciato desiderio di liste pulite si scontra, in diverse province, coi nomi dei cosiddetti impresentabili. Tra arresti, indagini della magistratura e inchieste giornalistiche. Come quella di MeridioNews sui colloqui di lavoro per la società Gli umbertini srl, per il 95 per cento di proprietà del consigliere comunale Francesco Petrina, candidato nella lista dell’Udc a sostegno proprio di Musumeci. Colloqui svolti nella segreteria politica di Petrina a Catania e nati dalla ricerca di personale per un’attività di ristorazione. Ma diverse giovani donne raccontano che «del curriculum non gliene fregava niente» e che, dopo pochi minuti, chi effettuava l’incontro lavorativo passava alla richiesta di fare «la rappresentante di lista per il candidato Petrina il 5 novembre». In un caso, al diniego opposto dalla giovane, sul cv sarebbe stato appuntato «No rappresentante di lista». «Che male c’è?», rispondeva Petrina, precisando che il rifiuto di svolgere quel compito non avrebbe pregiudicato un’eventuale assunzione.
Musumeci, ospite di un incontro sul tema delle cooperative al Centro Zo di piazzale Rocco Chinnici, non si sottrae alla domanda sul politico che lo sostiene. Si ferma con tutti, stringe le mani. «Che bel vestito verde. Verde bandiera», dice a una donna che lo ferma per salutarlo. «Bandiera sempre», risponde lei. Gaetano Mancini, ex amministratore delegato di Sac e presidente di Confcooperative Sicilia, lo attende davanti al cancello. L’avvio dei lavori era previsto per le 15.30 di martedì, ma restano tutti fuori finché non arriva il candidato a Palazzo d’Orleans. Lui, costretto – ancora una volta – a parlare della composizione delle liste che lo sostengono, non usa mezzi termini. Sui manifesti elettorali del consigliere Petrina, com’è ovvio, spicca il logo dell’Udc con la scritta «Musumeci presidente». E se allo scudocrociato sostiene di non dovere domandare spiegazioni, quando gli si fa presente che sui manifesti appare anche il suo nome attacca: «Due volte la galera». Alla sua reazione va aggiunto un ulteriore elemento di complessità: la celeberrima relazione della commissione regionale antimafia, firmata da Musumeci in qualità di presidente dell’organismo Ars.
Lì si citavano i consiglieri comunali di Palazzo degli elefanti sui quali si chiedeva chiarezza alla magistratura. Di quegli otto nomi, tre adesso ingrassano le file della sua coalizione in corsa per l’Ars. Riccardo Pellegrino, a lungo spada di Damocle su Forza Italia; Alessandro Porto, convertito a Fi dopo avere fatto stampare i manifesti col sostegno a Fabrizio Micari; e Francesco Petrina, appunto, identificato nel «Retina Etna bar» di cui parlava un collaboratore di giustizia. L’Etna bar, per un periodo gestito da una società fondata dal consigliere, nel frattempo ha cambiato proprietà ed è stato sequestrato perché ritenuto nell’orbita del clan Cappello. «Abbiamo parlato di Petrina nella relazione della commissione antimafia», ricorda Musumeci. Ma lui, dice, col fatto che sia candidato a suo sostegno non ci può fare niente. Risposta fotocopia a quella data più volte con riferimento a Pellegrino. Le liste delle compagini diverse da Diventerà bellissima non può deciderle. L’unica opzione era quella di non apparentarle. Con la conseguenza di perderne i voti.
Dopo le dure affermazioni di Musumeci abbiamo provato per due giorni – martedì e mercoledì – ad avere una replica del consigliere comunale Petrina. Che però, dopo l’ennesima telefonata, ha rinviato a questa mattina per alcuni impedimenti personali. Discorso diverso vale, invece, per l’Udc. Il partito, dopo un paio di giorni di attesa, affida la sua risposta a una nota che il segretario nazionale Lorenzo Cesa indirizza alla nostra testata. «Il partito ha dato incarico alla commissione di garanzia statutaria di procedere alle più opportune e dovute verifiche sul caso – scrive – A tal proposito si precisa che si stava già lavorando alla stesura di un codice comportamentale che sarà sottoposto a tutti i candidati». Del resto, usando il latino caro a Petrina, «”oportet ut scandala eveniant“, dice san Matteo, “a volte è opportuno che gli scandali avvengano“, così da porre rimedio». Perciò, «prendendo spunto da questo “inciampo” – prosegue il segretario – nel decalogo della buona politica e pertanto dell’Udc, non potranno essere ammesse azioni, da parte dei candidati, prive della necessaria consapevolezza di uno status che non consente iniziative e risultati improvvidi, impulsivi e carenti del senso di responsabilità che appartiene al buon governo». Frasi a cui segue un riferimento a possibili azioni «nelle sedi di competenza, al fine di tutelare l’immagine del partito, che non può essere compromessa da speciose motivazioni giornalistiche».
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