Il procuratore capo Carmelo Zuccaro e il pm Andrea Ursino hanno avuto un faccia a faccia, nella tarda mattinata di ieri, con i parenti della vittima. Deceduta a marzo 2017 in un incidente stradale avvenuto in via del Bosco. La prossima settimana, il giudice per le indagini preliminari deciderà sulla vicenda
Caso Crisafulli, la famiglia incontra magistrati etnei Il padre: «Gli ho raccontato il dramma che viviamo»
Un incontro informale dopo una mobilitazione durata nove giorni. Pietro Crisafulli esce dal palazzo di giustizia di piazza Giovanni Verga qualche minuto prima di mezzogiorno. Con lui ci sono la moglie Anna, i figli, la nuora e il loro avvocato. Da pochi istanti hanno concluso il loro faccia a faccia con il procuratore capo Carmelo Zuccaro e il magistrato Andrea Ursino. «Hanno espresso una solidarietà profonda e sincera», racconta l’avvocato Giuseppe Incardona, arrivato da Palermo per assistere la famiglia Crisafulli. Unita nel chiedere giustizia per dopo la morte di Domenico, 25 anni, figlio di Pietro e Anna. Deceduto a marzo 2017 a causa di un incidente stradale avvenuto mentre percorreva, con il suo scooter, via del Bosco. Dopo che la procura aveva chiesto l’archiviazione sulla base di una perizia di parte, Pietro aveva deciso di stazionare davanti al tribunale con uno striscione bianco con scritto a caratteri cubitali neri «Lei ha ucciso Mimmo. L’attesa di giustizia sta uccidendo i suoi familiari».
Un’attesa che non è stata vana, tanto da portarlo, dopo l’incontro di ieri in procura, alla decisione di smontare il presidio in vista dell’udienza della prossima settimana. Quando il giudice per le indagini preliminari Carlo Umberto Cannella deciderà cosa fare del fascicolo sulla morte del centauro. «Ho raccontato ai magistrati il mio dramma e nei loro occhi ho percepito sofferenza».
Crisafulli, commentando i momenti trascorsi al secondo piano del palazzo di giustizia, non nega di avere pianto. Troppo forte il dolore per la perdita del figlio: «Per lui chiedo, dal primo momento, l’applicazione della legge. Nient’altro». Che nell’ambito del diritto penale potrebbe significare l’imputazione per omicidio stradale per la donna alla guida della Smart che quella sera sbucò da via De Logu senza fermarsi allo stop. La macchina della guidatrice, come ha mostrato un filmato pubblicato da MeridioNews, venne colpita nella parte posteriore della fiancata sinistra rendendo inutile il tentativo di frenata del 25enne. «Siamo fiduciosi nel lavoro del tribunale di Catania», prosegue il legale. Oltre all’imputazione, il gip potrebbe seguire altre due direzioni: accogliere la richiesta di archiviazione della procura o chiedere un supplemento di indagini. Che, in quest’ultimo caso, dovrebbe coincidere con una nuova perizia tecnica.