Canone Rai in bolletta? «Siciliani non devono pagarlo» Per l’economista Massimo Costa è incostituzionale

Canone Rai nella bolletta della luce a partire dal prossimo anno, se la legge di Stabilità verrà confermata anche dal Senato. «Un tributo incostituzionale per l’intero Stivale, non calcolato sulla capacità contributiva, e a maggior ragione per la Sicilia, dove lo Statuto regionale prevede che i cittadini paghino allo Stato esclusivamente le imposte su produzione, lotto e tabacchi». Ad affermarlo è il professore Massimo Costa, ordinario di Ragioneria all’università di Palermo. Una battaglia che porta avanti da anni, ma che si riaccende alla luce delle probabili novità volute dal governo Renzi. 

 Come recita lo Statuto della Regione siciliana «al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima», tranne, come precisa il secondo comma, quelli già citate da Costa. «L’impianto statutario è chiarissimo – afferma il docente -. La Sicilia non è tenuta a riconoscere allo Stato italiano alcuna imposta che non sia prevista dal secondo comma. Anzi, tutte le tasse provenienti dal territorio dovrebbero convogliare nelle casse della Regione, meno le eccezioni contemplate dallo Statuto». Secondo il professore «l’Assemblea regionale siciliana può deliberare in tal senso e non è necessario nemmeno un decreto attuativo – spiega -, i cittadini non ricevono un servizio radiotelevisivo pubblico regionale per cui pagare un canone e non devono riconoscere allo Stato imposte non previste». 

Nel 1987 nasce uno speciale telegiornale regionale, inizialmente parte del Tg3, successivamente indipendente e prodotto dalle singole redazioni regionali della Rai e nel 2014 nuovamente incorporato al telegiornale nazionale. Ma, secondo Costa «non si può definire un servizio radiotelevisivo pubblico regionale». Il pagamento del canone sarebbe incostituzionale anche per tutte le altre regioni: per combattere l’evasione il governo Renzi vorrebbe far pagare il tributo nella bolletta della luce, mentre già dal 2006 è stato trasformato in tassa di possesso di apparecchio radiofonico o televisivo, dunque non calcolato sulla capacità contributiva. «Probabilmente il televisore era un bene di lusso negli anni ’60 – afferma il professore -, ma tassare oggi un normale elettrodomestico è soltanto irrazionale. Non va scordato, oltretutto, che la Radiotelevisione Italiana è una società per azioni, è una persona giuridica che vive di tributi».

La tesi del docente non trova però sponde politiche in Sicilia. «Nessun deputato dell’Ars, di nessuna fazione politica ha contattato me o altri colleghi per la questione del canone alla quale non si sta opponendo nessuno. Viene da pensare che siano inadatti a ricoprire quei ruoli o che facciano parte di quel sistema che ignora volontariamente lo statuto speciale della Sicilia». Ma Costa guarda oltre la singola imposta. «La cosa che mi preoccupa di più è che nessun economista venga chiamato a dare un’opinione sulla gravissima situazione finanziaria della Regione, la tassa sul canone è secondaria, non le scelte politiche scellerate che stanno facendo della Sicilia un deserto. E le possibilità di salvezza ci sono. Ma – conclude – se l’idea è quella di uccidere l’isola con il contagocce, tanto vale darle un colpo secco, ci sarebbe meno sofferenza».


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