Una foto con sottofondo musicale condivisa forse in buona fede su TikTok, due date e una scritta affiancata da due emoticon. È bastato questo per spargere la voce di una clamorosa scarcerazione di Salvatore Turi Cappello. Sessantacinque anni di cui trentadue trascorsi dietro le sbarre. Metà vita in cella e al 41bis per essere stato il fondatore e capo carismatico di uno dei clan mafiosi più potenti e sanguinari di Catania. La foto in questione, secondo quanto accertato da MeridioNews, è stata pubblicata dal profilo del figlio del boss ergastolano. Nello scatto Cappello è ritratto, in una stanza che sembrerebbe quella di una casa, insieme a due bambini. In alto sono state aggiunte due date. La prima è quella dell’8 febbraio 1992, giorni in cui Cappello venne arrestato a Napoli, insieme a Ignazio Bonaccorsi, mentre la seconda è l’8 febbraio 2024. Poco sotto la scritta che potrebbe avere tratto in inganno decine e decine di utenti: «Dopo 32 anni», con accanto l’emoticon di un leone e quello di un cappello.
Cappello però non è stato scarcerato e, come verificato dal nostro giornale, non ha goduto nemmeno di permessi premio che gli avrebbero consentito di raggiungere Catania per riabbracciare i propri familiari. La fotografia, invece, è stata scattata nel carcere in cui è detenuto. Poi, con le relative autorizzazioni, è stata stampata e consegnata ai parenti, finendo infine su TikTok. «È lo zio di Niko Pandetta, finalmente libero», commenta un utente, citando il parente pure lui detenuto, seguito a ruota da decine di persone. «Auguri per la sua libertà e per tutte le sofferenze che ha passato», «Anche se non lo conosco bentornato a casa» e ancora «Finalmente libero, auguri alla famiglia Cappello». In mezzo agli auguri per il falso rientro a casa ci sono gli immancabili commenti che esaltano il personaggio e la forza dimostrata durante la carcerazione: «Uomini vecchio stampo, un abbraccio a zio Turi», scrive un utente. «Grande, unico. L’onore sei tu», risponde un altro. Cappello però a casa non è tornato e si trova in carcere condannato alla fine pena mai.
In passato era tornato a fare parlare di sé dopo la pubblicazione di una lettera sul quotidiano La Sicilia. Nella missiva, risalente a febbraio 2004, Cappello annunciava di essere ormai un ex boss che aveva abdicato al suo ruolo. «Se vengono a chiedervi soldi a nome di Cappello sappiate che io non c’entro niente. Non faccio parte di nessun clan». Parole che sapevano di resa. Ma qualche anno dopo il 65enne verrà accusato di comunicare dal carcere con i suoi affiliati anche attraverso alcuni fotomontaggi e, secondo l’ex reggente del clan Gaetano D’Aquino, tramite quella stessa lettera. Nel 2020, invece, aveva scritto una lettera sfogo al tribunale di Sorveglianza. Nel testo, in cui si rivolgeva al magistrato che dirigeva l’ufficio giudiziario, ma che i giornali interpretarono erroneamente come se il destinatario fosse il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Cappello spiegava che non intendeva suicidarsi chiedendo, invece, di essere fucilato nel cortile dell’istituto in cui erano detenuto.
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