Al capomafia di Licata Angelo Occhipinti, detto Piscimoddu, si sarebbero rivolti in molti. Segno emblematico della «sensibilità del territorio alla capacità di intimidazione dell’organizzazione» smantellata oggi con l’operazione Assedio. Il blitz che ha portato al fermo di sette persone ritenute esponenti di vertice e affiliate delle famiglie di Licata e Campobello di Licata (in provincia di Agrigento) e accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso armata, finalizzata alle estorsioni, e concorso esterno in associazione mafiosa. Tra gli arrestati c’è anche il consigliere comunale in carica a Licata Giuseppe Scozzari, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
In quanto responsabile del servizio tecnico del presidio ospedaliero di Licata e influente funzionario dell’Asp di Agrigento, Scozzari si sarebbe accordato con il reggente della famiglia mafiosa: promesse di future utilità e disponibilità in caso di necessità di carattere diagnostico nel nosocomio in cambio dell’appoggio elettorale – chiesto e ottenuto – durante le elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Licata che si sono svolte nel giugno del 2018.
Durante le indagini, iniziate a ottobre 2017, sono stati ricostruiti tre episodi che dimostrerebbero la pervasività della famiglia sul territorio dell’Agrigentino. In un caso, è un noto gioielliere licatese che, dopo avere ricevuto una busta contenente cartucce, avrebbe subito chiesto protezione al reggente della famiglia mafiosa e, solo dopo, avrebbe denunciato l’episodio alle forze dell’ordine. A rivolgersi al capo clan sarebbe stato poi anche un ex consigliere comunale di Licata. Dopo avere subito il furto di uno scooter avrebbe pensato di chiedere la restituzione del mezzo tramite l‘intercessione di Occhipinti. Non solo favori, ma anche permessi. A fare riferimento al boss, infatti, sarebbe stato anche un uomo per chiedere l’autorizzazione a effettuare un furto nell’abitazione di una donna, ritenuta in possesso di un considerevole quantitativo di oro.
Intercettazioni telefoniche e ambientali, sistemi di localizzazione satellitare ma anche pedinamenti e servizi di osservazione hanno permesso di ricostruire gli interessi della famiglia mafiosa. Un’estorsione per lavori edili eseguiti di recente in Germania: solo con la forza dell’intimidazione dovuta al vincolo associativo, la vittima non avrebbe esitato a versare la somma di cinquemila euro. Dall’indagine sono stati accertati i forti interessi dell’organizzazione nel settore delle slot machine. Attraverso una compiacente società di distribuzione di apparati elettronici da gioco – il cui titolare è stato sottoposto a fermo – sarebbe stata pilotata l’installazione di macchinette in numerosi esercizi commerciali dell’hinterland licatese. Le telecamere dei carabinieri, inoltre, hanno registrato numerosi incontri e riunioni segrete, evidenziando l’interconnessione tra tutti i componenti del sodalizio e il legame a doppio filo con un rappresentante della famiglia mafiosa di Campobello di Licata.
Nel provvedimento di fermo spunta anche il nome del deputato regionale Carmelo Pullara che il capomafia intercettato definisce «a disposizione» del clan. Il parlamentare 48enne è stato eletto alle ultime Regionali ed è iscritto al gruppo Popolari e Autonomisti. Pullara che si dice «estraneo ai fatti» si è sospeso dalla commissione regionale Antimafia di cui faceva parte.
Elenco dei fermati:
1. Vincenzo Bellavia, nato a Licata (Agrigento) il 30.06.1985;
2. Angelo Graci, inteso Trappolina, nato a Licata il 30.12.1987;
3. Angelo Occhipinti, inteso Piscimoddu, nato a Licata il 13.05.1954;
4. Giuseppe Puleri, inteso Peppe, nato a Canicattì (Agrigento), il 20.10.1979;
5. Giuseppe Scozzari, nato a Licata il 10.10.1972;
6. Raimondo Semprevivo, nato a Licata il 08.05.1972;
7. Giuseppe Salvatore Spiteri, nato a Licata il 25.09.1973.
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