Bianco nominato presidente del consiglio Anci «Il malessere dei sindaci è quello delle città»

Il sindaco di Catania, Enzo Bianco è stato eletto presidente del consiglio nazionale dell’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani. Confermato presidente il primo cittadino di Torino, Piero Fassino. Le nomine sono avvenute oggi all’assemblea congressuale di Milano, a cui hanno partecipato circa 700 sindaci italiani, tra cui lo stesso Bianco. Che succede all’ex primo cittadino di Roma Gianni Alemanno.

«Tutta la mia vita e il mio impegno pubblico è stato nel segno dei comuni e delle città – ha commentato Bianco – ciò che rende l’Italia diversa dalla Francia e dalla Germania è che il nostro paese non è monocentrico, ma ruota attorno a 100 città e 8mila Comuni, ognuno dei quali ha una sua storia, una sua identità. L’Italia è la democrazia dei comuni e per me tornare oggi in Anci con un incarico di grande prestigio, dopo la stagione da presidente nel corso della quale insieme a tanti sindaci straordinari abbiamo riportato l’Associazione ad avere un ruolo che si era smarrito, è una grande soddisfazione e una grande emozione. Oggi – ha aggiunto – c’è bisogno di una squadra attorno al presidente dell’Anci che trovi il tempo, l’energia e la forza per difendere la nostra concezione della democrazia e il ruolo dei comuni che al momento è delicatissimo e io sono pronto ad impegnarmi con tutta la passione che ho dentro». 

Nel pomeriggio è arrivato il lungo elenco di congratulazioni: dal presidente dell’Anci Sicilia e primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, al sindaco di Roma, Ignazio Marino, passando per la Cgil di Catania e dai vertici della Sac, la società che gestisce l’aeroporto Fontanarossa.

Bianco è tornato sul delicato rapporto tra sindaci e governo centrale, sempre più incrinato dai tagli di Roma e ha lanciato una stoccata all’indirizzo delle Regioni. «Il malessere profondo che si sente tra i sindaci – ha affermato l’ex ministro dell’Interno – è il malessere profondo delle città e dobbiamo avere la forza di farlo sentire al governo nazionale, ma anche alle Regioni, che troppo spesso non interpretano in modo adeguato il federalismo all’italiana e accampano competenze gestionali che dovrebbero lasciare ai Comuni». 


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