Ha avvelenato la madre mettendo una grande quantità di uno psicofarmaco nel purè per la cena della sera dell’1 gennaio. Poi l’ha strangolata e, dopo averla uccisa, ha infierito sulle braccia della vittima con un coltello. Sono i primi dettagli che emergono dall’autopsia sul cadavere dell’insegnante di scuola elementare 55enne di Bagheria (in provincia di Palermo) Teresa Spanò. Del delitto è accusata la figlia 17enne che è stata arrestata il giorno dopo e, da domenica scorsa, non si trova più nella comunità in cui era stata portata ma in carcere a Roma. La giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta della procuratrice per i minorenni che aveva chiesto un aggravamento della pena per la 17enne che, già nel mese di novembre, aveva tentato di avvelenare la madre.
«Appaiono tutti i sintomi di un’attuale e accresciuta pericolosità sociale – scrive la gip – e sono, soprattutto, rivelatori dell’inadeguatezza della misura attualmente applicata rispetto alla caratura criminale della giovane come emersa dalle indagini più recenti». Per la procura «c’è un pericolo concreto e attuale di reiterazione di delitti commessi con violenza alla persona. Sulla decisione del carcere hanno pesato anche le parole della giovane durante l’interrogatorio che ha continuato a indicare come vittima se stessa e non la madre». Al funerale, Teresa Spanò è stata descritta come «un’educatrice che aveva tanto entusiasmo e metteva amore in quello che faceva». Il movente del delitto non è stato del tutto chiarito. Per la giovane è stato nominato dalla magistratura un tutore temporaneo, visto che suo padre – un cittadino dell’Est Europa – al momento, è irreperibile.
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