Torna in carcere Terranova, esponente del clan Aparo Deve scontare tre ergastoli. Avvocato: «Farò ricorso»

Carmelo Terranova, 72enne esponente di spicco della cosca Aparo di Siracusa e condannato a tre ergastoli per omicidio con aggravante mafiosa, è tornato in carcere dopo 24 giorni passati agli arresti domiciliari. Alla fine di aprile, a Terranova era stato consentito continuare a scontare la condanna nella sua casa di Floridia, nel Siracusano

Era stato il suo avvocato Antonio Meduri a presentare l’istanza di scarcerazione per motivi di salute al tribunale di sorveglianza di Bari. Accertato lo stato di salute precario del detenuto, il magistrato ne aveva disposto la scarcerazione anche tenendo conto dei rischi dovuti all’emergenza Covid-19. Adesso, il 72enne su ordine della procura di Bari, è stato arrestato dai carabinieri di Floridia e portato temporaneamente nella casa circondariale Cavadonna di Siracusa. «Gli approfondimenti sanitari successivamente condotti – scrivono i militari in una nota per la stampa – hanno attestato la non incompatibilità delle sue condizioni di salute col regime carcerario». 

In un primo momento, sarebbe stato accertato per Terranova un quadro clinico personale abbastanza complesso che valutato successivamente, però, non sarebbe risultato incompatibile con la detenzione in carcere. «Gli hanno fatto una visita medica specialistica disposta da tribunale di sorveglianza di Bari in cui è venuto fuori un leggero miglioramento – spiega a MeridioNews l’avvocato Meduri – Il mio assistito ha una gravissima patologia pregressa, che comporta seri problemi respiratori, accertata nel 2014». Tanto che già nel 2015 Terranova era stato scarcerato sempre per motivi di salute. Per un anno e due mesi è rimasto ai domiciliari, poi però il suo appartamento sarebbe diventato il luogo di incontro tra appartenenti alla cosca mafiosa. «In effetti – ammette il legale – a casa sua c’era un via vai di persone di altissimo spessore criminale. Durante un controllo, trovarono anche un pregiudicato all’interno della sua abitazione». 

Per questo, dopo 14 mesi di domiciliari, Terranova era tornato in cella nel carcere di Bari «che ha all’interno un centro clinico che garantisce le cure necessarie per la sua condizione». Quando è scoppiata emergenza Covid-19 l’avvocato fa istanza e ottiene sei mesi di domiciliari. «Con delle prescrizioni molto pesanti: non ha potuto incontrare nessuno (esclusi i conviventi) e gli è stato vietato di avere qualsiasi tipo di apparecchiatura elettronica (computer, cellulare). A noi risulta che sia stato monitorato 24 ore su 24 dalle forze dell’ordine – sostiene Meduri – Ed è uscito di casa una sola volta per andare alla posta a rinnovare il postamat». Unica uscita autorizzata dal magistrato fatta in macchina insieme a una delle sue nipoti che, però, per il ritorno a casa non avrebbe seguito la strada più breve e si sarebbe anche fermata a comprare delle sigarette. 

«Appena sarà possibile (dopo che avrà avuto l’esito del tampone) verrà trasferito nella struttura carceraria di Parma – spiega l’avvocato – Un centro di eccellenza anche dal punto di visto dell’assistenza sanitaria, dove sono morti sia Totò Riina che Bernardo Provenzano». Il legale annuncia che farà ricorso in Cassazione e anche alla corte europea per i diritti dell’uomo. Terranova è stato condannato all’ergastolo per gli omicidi di Salvatore Pernagallo di Francofonte – avvenuto il 7 aprile 1992 -, di Salvatore Navarra, ex autista del sindaco di Canicattini Bagni – nel 1992 – e per la strage di San Marco del settembre 1992.


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