Golfo di Gela, il litorale è salvo dal maxi parco eolico «È una vittoria, le norme ambientali non sono banali»

Il litorale compreso tra Gela, Butera e Licata è salvo dall’installazione di 38 pale eoliche. La salvezza arriva da una sentenza del consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana che ha accolto il ricorso di associazioni ambientaliste e culturali nei confronti del progetto della società ligure Mediterranean Wind Offshore«Abbiamo tutelato la bellezza come bene primario della visione del paesaggio, la biodiversità sottomarina, l’avifauna migratoria e anche l’archeologia sottomarina», annuncia a MeridioNews Emilio Giudice di Lipu che fa parte del comitato locale No Peos.

Nel febbraio del 2008 la società presenta un progetto di una centrale eolica offshore da 137 megawatt per la produzione di energia elettrica nel Golfo di Gela. Un investimento da 150 milioni di euro che, l’anno dopo, ottiene l’approvazione del Via (valutazione di impatto ambientale) da parte del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In senso negativo si esprime, invece, il ministero per i Beni e le attività culturali. Pareri negativi arrivano anche dalla Regione Siciliana e dai Comuni interessati. Nel 2012, a risolvere i contrasti ministeriali è il Consiglio dei ministri che valuta positivamente la compatibilità ambientale del progetto giudicandolo «coerente con gli obiettivi del piano di azione nazionale per le energie rinnovabili». Cinque mesi dopo, viene rilasciato il richiesto nulla osta ambientale

La zona interessata dal progetto, che si trova di fronte al Castello di Falconara, dista 1,5 miglia nautiche dalla Riserva naturale orientata Biviere di Gelail più grande lago costiero della Sicilia. A pochi passi dalla raffineria di Gela, c’è una delle più importanti aree per la sosta durante le migrazioni di diverse specie di uccelli acquatici che provengono dall’Africa e si dirigono verso il nord Europa. «Che le rotte migratorie fossero di interesse internazionale era noto – sottolinea Giudice – ma, nonostante situazioni di gravità assoluta, spesso c’è una banalizzazione delle norme ambientali che porta all’autorizzazione di progetti in zone non idonee».

Dopo la stipula dell’atto di concessione da parte del Mit, la società presenta – dichiarandole non sostanziali – alcune modifiche al progetto iniziale. Durante la conferenza dei servizi, però, il ministero dell’Ambiente richiede un approfondimento tecnico per la valutazione di impatto ambientale del progetto aggiornato. Nel 2014 arriva da parte del dicastero «l’esclusione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale». Dopo il ricorso di enti istituzioni e associazioni ambientaliste, è il tribunale amministrativo regionale ad affermare che «il procedimento che ha condotto al rilascio dell’autorizzazione unica per l’impianto offshore era viziato». Nel novembre del 2017 arriva una sentenza del Tar che boccia il maxi parco eolico.

Eppure il progetto, aveva ottenuto le necessarie autorizzazioni ministeriali. Stando a quanto mette adesso nero su bianco il Cga, però, si era partiti «dall’erroneo presupposto dell’insussistenza di vincoli archeologici sommersi (relitti) smentito dalla Soprintendenza del Mare». Ente che, peraltro, ha lamentato di non essere stato coinvolto nel procedimento, nonostante le specifiche competenza in materia di tutela, gestione e valorizzazione delle risorse culturali sommerse. 

Numerosi sono i difetti di istruttoria riscontrati nella Via che era stata data. Per esempio, nelle motivazioni del Tar riprese adesso dal Cga si legge che «appare evidente l’illegittimità dell’esclusione della Soprintendenza del Mare dal procedimento, fermo restando che l’autorizzazione delle opere comporterebbe un danneggiamento irreversibile di beni di natura archeologica e culturale». Inoltre «l’area risulta interessata anche dal Castello di Falconara di assoluto pregio culturale, architettonico e artistico e quindi l’opera doveva essere sottoposta ad autorizzazione paesaggistica». E ancora «il piano territoriale paesistico della provincia di Caltanissetta nelle aree comprese tra i siti di interesse comunitario di Manfria e Rupi di Falconara vieta anche la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili»


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