Ars, ancora in stallo i casi Sac e Camere di Commercio Oggi riunione della commissione Attività produttive

Oggi il caso Sac – la società che gestisce gli aeroporti di Catania e Comiso – sarà al centro di una riunione della commissione Attività produttive dell’Ars. Appuntamento centrale, perché questa volta i parlamentari di Sala d’Ercole saranno chiamati ad elaborare un testo che dovrebbe essere approvato dal parlamento dell’Isola, convocato per domani, mercoledì 21. Il tema non è semplice. E non è escluso che il governo nazionale impugni la legge che verrà approvata dall’Ars, se non altro perché di mezzo ci sono interessi economici. In ballo ci sono i beni mobili e immobili delle nove Camere di Commercio siciliane (una per ogni provincia). E ci sono, soprattutto, le partecipazioni delle stesse Camere di Commercio nelle società aeroportuali siciliane: la catanese Sac, la Gesap, che gestisce l’aeroporto di Palermo e l’Airgest, che gestisce l’aeroporto di Trapani.

La questione non è semplice. Tant’è vero che, per ben due volte, nelle ultime due settimane, Sala d’Ercole ha rinviato il testo di questo disegno di legge nella commissione legislativa di merito dell’Ars (la terza, Attività produttive). Le Camere di Commercio sono enti locali di diritto pubblico. Sono controllate dalla Regione. Ma anche dal governo nazionale, che esercita la vigilanza. Sulla vigilanza la Regione è in difetto. Ha approvato la legge regionale n. 4 del 2010, che attribuisce il controllo all’assessorato alle Attività produttive. Ma per attuare questa legge ci sarebbe voluto un decreto del presidente della Regione che non è mai stato varato.

Il governo Renzi, grazie a una legge approvata dal parlamento nazionale, per fare cassa, ha tolto una quota sostanziosa dei diritti camerali (il 50 per cento circa) di tutte le Camere di Commercio del nostro Paese. Le minori entrate sono già un problema per le Camere di Commercio, soprattutto per quelle messe non proprio bene: Caltanissetta a Agrigento in testa. Va in un po’ meglio nelle altre sette, anche se i problemi, nel complesso, non mancano. C’è da pagare i circa mille 200 dipendenti. E i pensionati. Per questi ultimi sembra tramontata l’ipotesi di trasferirli a carico del Fondo pensioni della Regione, ricostituito nel 2009, che avrebbe in cassa da 500 a 600 milioni di euro. Poi ci sono anche i precari che, per fortuna, non sono molti (un’ottantina in tutti e nove gli enti). Nei mesi scorsi Unioncamere ha ipotizzato la riduzione delle Camere di Commercio della Sicilia da nove a tre, anche se il governo Renzi ha ipotizzato una Camera di Commercio per ogni Regione. Vedremo cosa deciderà Sala d’Ercole.

Un altro tema è quello dei beni mobili e immobili di questi enti. Si era pensato di congelare queste proprietà, ma non è detto che questo si possa fare con una legge regionale. Su questo punto non è improbabile uno scontro con Roma: l’Ars dovrebbe comunque legiferare e va messa nel conto la possibile impugnativa da parte del governo nazionale (il commissario dello Stato, è noto, non si pronuncia più sulla costituzionalità delle legge approvare dall’Ars). In questo caso l’ultima parola la pronuncerebbe la Corte Costituzionale.

Ma la questione più importante – quella che, di fatto, ha bloccato questa legge – è legata alle partecipazioni azionarie detenute dalle Camere di Commercio. Con particolare riferimento alla Sac, o meglio alle azioni di questa società detenute dalle Camere di Commercio di Catania, Siracusa e Ragusa che, insieme con le Province di Catania e Siracusa e con l’ex Consorzio Asi di Catania (oggi confluito nell’Irsap, l’Istituto regionale per le attività produttive), controllano questa società. È legittimo chiedersi che cosa succederà con i rivolgimenti in corso nelle Province regionali siciliane (commissariate dalla Regione che dovrebbe incamerare queste partecipazioni azionarie) e nelle Camere di Commercio. Rimarranno società partecipate da soggetti pubblici? O il vento renzian-berlusconiano opterà per la privatizzazione? Nell’uno o nell’altro caso bisognerà verificare come opererà questa società. Chi controllerà la Sac gestirà due aeroporti, ovvero i flussi turistici e, nel caso dell’aeroporto della provincia iblea, anche il trasporto dell’ortofrutta prodotta tra Vittoria, Scicli e la piana di Gela, fino a Campobello di Licata.

La partita è già diversa a Palermo, dove se è vero che la Provincia controlla il 40 per cento circa delle azioni della Gesap, è anche vero che il Comune – con il suo 30 per cento circa delle azioni – non dovrebbe avere molto interesse a una privatizzazione (la Camera di Commercio del capoluogo siciliano controlla il 20 per cento circa delle azioni Gesap). A Trapani, invece, l’Airgest – la società che gestisce l’aeroporto Ignazio Florio – sono presenti con il 49 per cento delle azioni. Qui la parte pubblica è fragile: 49 per cento la Provincia regionale commissariata e il due per cento la Camera di Commercio trapanese. Da non dimenticare, infine, che le Camere di Commercio controllano anche le società che operano in alcuni dei porti della Sicilia.    


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I parlamentari regionali sono chiamati a elaborare un testo che dovrà essere approvato nella seduta di domani. Il tema è la gestione dei beni mobili e immobili dei nove enti siciliani e le rispettive quote azionarie negli aeroporti. A tenere banco è il caso della società che gestisce gli scali di Catania e Comiso, snodi importanti per la gestione dei flussi turistici e non solo

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