Trenta anni di carcere. È la condanna per Agatino Scalisi, il secondo barelliere finito nell’inchiesta Ambulanza della morte, sulle morti sospette con l’inoculazione di aria nelle vene per accelerare la fine di pazienti terminali durante il trasferimento dall’ospedale di Biancavilla alle loro abitazioni. La decisione arriva dal gup del tribunale di Catania al termine del processo celebrato con il rito abbreviato. In un primo procedimento con il rito ordinario, un altro imputato, Davide Garofalo, era stato condannato all’ergastolo perché accusato di tre omicidi. Scalisi, invece, è stato giudicato per un solo episodio omicidiario, quello della ottantenne Maria Giardina avvenuto ad aprile del 2014.
Il gup ha inoltre accolto le richieste di parte civile avanzate da Luca, Orazio e Giuseppe Arena, titolari dell’agenzia funebre per la quale Scalisi prestava lavoro occasionale, e poi l’associazione antiracket e antiusura Libera Impresa, il Comune di Biancavilla, il Codacons, l’associazione Aima e l’Asp di Catania. «Ricorreremo in appello – è stato il commento di Antonino Tomaselli, legale dell’imputato Scalisi – perché nel corso della discussione sono emerse molte contraddizioni. Aspettiamo intanto di conoscere le motivazioni di questa sentenza per capire il perimetro nel quale si è mosso il giudice».
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