Un decreto ingiuntivo blocca 2,9 milioni di euro dell’Amat, la società del trasporto pubblico a Palermo. Secondo il presidente Antonio Gristina, non sono tuttavia a rischio gli stipendi dei dipendenti e «la situazione è gestibile». Sono gli effetti della sentenza della corte di Cassazione sezione Lavoro (la 4655 del 25 febbraio del 2011) che rigetta in via definitiva il procedimento di revocazione possibile per i verdetti pronunciati nelle controversie in materia di lavoro. A fare causa nel 1994 furono una trentina di dipendenti che svolgevano mansioni di più alto livello rispetto a quelle per cui erano pagati. L’Amat non fece appello, ma poi tentò la strada della revocazione.
«L’Amat – dice il consigliere comunale Orazio La Corte (Leva Democratica), al termine dell’audizione della commissione Aziende nei locali di via Roccazzo – non può essere gestita da un consiglio d’amministrazione che continua a collezionare un fallimento dietro l’altro: dai nuovi turni al riordino delle linee e in ultimo al mancato accantonamento in bilancio delle somme necessarie per far fronte a sentenze pregresse, che condannano l’azienda a corrispondere svariati milioni di euro ad alcuni dipendenti. Questi sono alcuni dei motivi per cui il Cda si deve dimettere. Questa situazione – aggiunge – mette a rischio i conti dell’Amat e gli stipendi dei dipendenti, già penalizzati dalle politiche di gestione dell’azienda».
Sulla vicenda interviene anche il sindacato Cobas. «Questo episodio – dice Antonino La Barbera, segretario regionale dei Cobas del Lavoro Privato – conferma la sciatteria dei vertici Amat, che non hanno capacità di amministrare l’azienda con il dovuto rigore. Auspichiamo che si faccia presto chiarezza a tutela dei lavoratori».
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