Al Real Albergo dei Poveri gli scatti di Rodchenko Sgarbi: «Ha liberato la fotografia dalla memoria»

Inquadrature insolite, angolazioni particolari, forme e dinamismo. Al Real Albergo dei Poveri, arrivano le fotografie di Alexander Rodchenko. In mostra dal 19 giugno a Palermo, nello spazio adiacente alla retrospettiva dedicata a Capa, il fotografo avanguardista russo che ruppe con le norme rigorose di fine ‘800. «Il nostro dovere è quello di sperimentare», scriveva nel suo diario. «In mostra due giganti della fotografia – afferma Francesca Spatafora, direttrice del polo museale Salinas – Un momento importante inserito in un periodo di fervore culturale per la città di Palermo».

Già pittore e artista, Alexander Rodchenko prende in mano una Leica all’età di 37 anni. Nei suoi scatti, oggetti ordinari reinterpretati da prospettive insolite e audaci. Un negozio di alimentari, una rampa di scale, viti, bulloni, uomini, donne a lavoro, e ancora: balconi, finestre, muri, dettagli di macchinari.
In giro tra una fabbrica e l’altra, il fotografo russo immortala la quotidianità in maniera rivoluzionaria.
«Rodchenko ha definito lo spazio nuovo della modernità – spiega il critico d’arte Vittorio Sgarbi – La sua rivoluzione è pari a quella di Piero Della Francesca. Ha ucciso la nostalgia, liberato la fotografia dalla memoria».

Nel cognome il prefisso Rod, radice condivisa con le parole russe rozdenie e rodit, rispettivamente “nascita” e “partorire”. «Papà diceva, scherzando – racconta la figlia  Varvara Rodchenko – che con un cognome come quello doveva per forza partorire qualcosa di nuovo». Nasce con lui il Metodo Rodchenko, ispirato allo stile sovversivo, che vede la fotografia rappresentazione dinamica della realtà.
Unico nelle sue composizioni: scorci, particolari, inclinazioni e prospettive inusuali. 

«Vietato fotografare a livello degli occhi, era una delle sue regole principali – spiega anche la curatrice Olga Sviblova – Rodchenko riprende i concetti del costruttivismo e li applica nella fotografia». Un rivoluzionario dell’immagine, che documenta la realtà attraverso occhi e obiettivi insoliti.
«Diceva di guardare il mondo con uno sguardo mattutino. La mattina quando ti svegli – continua Sviblova – ti lavi gli occhi e li sciacqui, così Rodchenko guardava al mondo: in maniera nuova, dinamica. Queste tematiche sono state poi riprese dall’arte contemporanea e in Manifesta 12».

Tra gli scatti, un operaio che accatasta il legname, le grandi stampanti della sede del quotidiano Gudok, gli interni e i particolari di una fabbrica di automobili, lavoratori intenti a costruire un canale in Carelia, una fabbrica di lampadine elettriche a Mosca. Giochi di luci, ombre e forme in Alexander Rodchenko. Revolution in Photography, che resterà a Palermo fino al 23 settembreCentocinquanta stampe, provenienti dalla collezione del Multimedia Art Museum di Mosca, scrupolosamente selezionate dalla direttrice Sviblova, con il contributo di Olga Strada, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura con sede a Mosca. «La mostra era già stata in Italia, a Mantova – spiega Strada – come seconda sede ho molto voluto Palermo perché quest’anno è sia Capitale Italiana della Cultura che sede di Manifesta 12».

Esposte scene di vita quotidiana, ma anche ritratti di amici e parenti immortalati dal rivoluzionario padre della fotografia sovietica. «Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera – scriveva Rodchenko nel suo diario – è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da prospettive ed angolazioni totalmente inaspettate». Fotografo-pensatore della prima metà del XX secolo, Alexander Rodchenko ha lasciato testimonianze e riflessioni sull’arte: appunti, bozze, articoli e diari, a testimonianza di un drammatico conflitto tra la ragione e l’impulso creativo. L’esposizione, promossa dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, si inserisce in un piano di collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali della Federazione Russa. 


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