Affari della mafia: i trasporti su gomma della droga  Utenze citofono, staffette e le automobili a noleggio

Si davano appuntamento quasi sempre nei pressi del chiosco bar Al cinquanta di corso Indipendenza (attività estranea all’inchiesta, ndr), un luogo strategico perché a due passi da piazza Risorgimento e dallo svincolo dell’asse attrezzato di Catania. Da un lato il barrese Andrea Ferreri e dall’altro i referenti del clan mafioso dei Cappello-Bonaccorsi. Nel cuore del capoluogo etneo si intavolavano trattative e consegne di droga da trasportare nella piccola Barrafranca, circa 13mila abitanti, regno del padrino di Cosa nostra Raffaele Bevilacqua. Questa è la ricostruzione dei carabinieri del reparto operativo speciale di Caltanissetta nelle carte dell’inchiesta Ultra che l’1 luglio ha portato a decine di arresti e a 54 persone iscritte nel registro degli indagati

Il traffico di droga, dopo una parentesi in Sicilia occidentale, avrebbe avuto nel canale catanese le sue fondamenta. Anche perché gli inquirenti, tra il 2018 e il 2019, ricostruiscono circa 20 incontri. Il più attivo sarebbe stato proprio Ferreri, definito «in rapporti con i figli di Bevilacqua e cognato di Luigi Fabio La Mattina». I primi contatti messi nero su bianco sono quelli con Mario Sciacca, considerato una sorta di intermediario, forte di una parentela eccellente: quella con il capomafia Giovanni Colombrita. C’è poi un canale diretto, emerso nel corso dell’inchiesta, con l’ex rapinatore Sebastiano Tasco.

I legami tra Ferreri e Tasco, non sempre sono sereni, e passano attraverso decine di messaggi Whatsapp acquisiti agli atti dell’inchiesta. Nelle conversazioni non si parla mai di droga ma di piastrelle o cani. «Vita volevo sapere se sei ancora interessato al chihuahua», «Andrea mia moglie si sta portando la testa per il cane» e ancora «Mi interessa il chihuahua… metà te lo posso pagare subito e metà a dieci giorni». Gli animali però in questa storia non c’entrerebbero nulla. Ad aprire un altro canale ci avrebbe pensato lo stesso Bevilacqua, l’avvocato ergastolano che beneficiava dei domiciliariDurante una conversazione in famiglia spiegava di avere trovato un contatto per il fedelissimo Salvatore Privitelli. L’8 gennaio 2019 gli inquirenti registrano un incontro, avvenuto in via Medaglie d’Oro. Tra i presenti spunta pure il fratello dell’ex consigliere comunale Riccardo Pellegrino: Gaetano Pellegrino, condannato nel processo Ippocampo in appello a nove anni per mafia, perché ritenuto tra gli uomini più fedeli del boss Nuccio Mazzei. Nell’inchiesta Ultra Pellegrino non è indagato ma poche settimane dopo quell’incontro, come raccontato da MeridioNews, si rese protagonista di un curioso sipario durante la processione della candelora degli Ortofrutticoli in occasione dei festeggiamenti di Sant’Agata

Lo schema seguito dal gruppo per il trasferimento della droga era ben consolidato. Gli spostamenti Catania-Barrafranca andavano sempre effettuati con almeno due macchine. Una con la funzione di staffetta per intercettare l’eventuale presenza di posti di blocco delle forze dell’ordine l’altra, invece, riempita di droga. Quest’ultimo mezzo, come accertato dagli inquirenti, spesso e volentieri veniva noleggiato dagli indagati nel capoluogo etneo così da essere «pulito». Ma a spostarsi con macchine affittate era anche Tasco, come avvenuto il 20 aprile 2019 durante una trasferta a bordo di una Fiat Panda destinazione Barrafranca, probabilmente per andare a riscuotere un credito

Le indagini hanno dimostrato anche il costante utilizzo delle cosiddette utenze citofono. Cioè numeri attivati appositamente per le comunicazioni tra acquirenti e venditori. Due le particolarità: le schede erano sempre intestate a cittadini stranieri ignari di tutto, di solito originari del Bangladesh, e facevano riferimento all’operatore Lycamobile. Il cellulare, inoltre, non era mai uno smartphone di ultima generazione ma degli apparecchi piccoli e maneggevoli. Il modello preferito? Il mini cellulare L8star grande quanto un normale accendino. Il 31 luglio 2019 le forze dell’ordine ne sequestrano uno proprio a Ferreri, controllato di ritorno a Barrafranca dopo una delle tante trasferte a Catania. In quell’occasione, l’affare non andò in porto e gli inquirenti, in una intercapedine vicino al sedile posteriore della sua Bmw, trovarono pure 26mila euro, divisi in dieci mazzette custodite in buste termo-sigillate. 


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