A un anno dalla sua costruzione, il cogeneratore rimane spento. Considerato antieconomico dai tecnici, per non rischiare di restituire i soldi con cui è stato costruito all'Europa il Comune pensa anche di vendere l'energia prodotta ai privati. Al vaglio anche un possibile protocollo d'intesa con la municipalizzata Sogip
Acireale, l’impianto energetico è ancora fermo Pagato con fondi Ue, potrebbe rivelarsi inutile
A più di un anno dalla sua costruzione, l’impianto di cogenerazione a turbina del Palazzo di città di Acireale non è mai stato attivato, se non per il collaudo, avvenuto nel maggio 2016, o per qualche prova. La struttura è l’opera principale prevista da un finanziamento comunitario da 4,5 milioni di euro, intercettato nel 2013 dall’amministrazione comunale, all’epoca guidata da Nino Garozzo. Nulla quaestio sui lavori complementari effettuati negli uffici di via Lancaster: il rifacimento di infissi, tetti, sottotetti e guarnizioni ha diminuito la dispersione di calore. Niente da ridire nemmeno sulla messa a norma del sistema elettrico dell’edificio. Ma su quel maxi-impianto un problema c’è. Secondo i tecnici, metterlo in funzione non diminuirebbe affatto la spesa energetica ma, al contrario, la farebbe aumentare. E non di poco.
Le stime. Finché l’impianto non entrerà in funzione, nessuno sarà in grado di fare una stima definitiva sul costo annuale. Esistono però delle proiezioni credibili, perché calcolate da esperti del settore. A sentire le fonti consultate da MeridioNews, la fornitura di gas necessaria a mettere in funzione il cogeneratore oscillerebbe tra i 10 ed i 15mila euro mensili. Qualcuno parla addirittura di 18/20mila euro al mese. In un anno, la bolletta ammonterebbe pertanto a non meno di 120mila euro, ma niente esclude che si possa salire fino a oltre 200mila euro. Senza contare i costi per la gestione giornaliera e la manutenzione, che potrebbero aggirarsi sui 10/15mila euro l’anno. Al momento, invece, l’illuminazione del Palazzo di città costa tra i 43 e i 45mila euro in energia elettrica, da sommare al prezzo del gasolio utilizzato per il riscaldamento degli ambienti. Una sproporzione che non fa dormire sonni tranquilli a chi si occupa di stilare i bilanci comunali.
Le possibili soluzioni. Tuttavia un fatto è certo: l’impianto non può rimanere inutilizzato. Sarebbe uno spreco in sé, inoltre l’Unione europea – prima o poi – potrebbe chiedersi come vengono spesi i finanziamenti destinati al territorio. Lo sa bene il primo cittadino Roberto Barbagallo. Per cercare di abbattere i costi della struttura, l’amministrazione sarebbe intenzionata a stipulare un protocollo d’intesa con la Sogip, la municipalizzata di settore, per la fornitura di gas. La delicata gestione dell’impianto potrebbe essere affidata alla stessa municipalizzata, forse in collaborazione con la ditta che l’ha costruito, la S.G.M. di Aci Sant’Antonio. Una prima ipotesi di risparmio consisterebbe nell’allacciare all’impianto la pubblica illuminazione di piazza Duomo e i pannelli fotovoltaici presenti nel plesso comunale di via degli Ulivi. Ma la fattibilità è ancora da dimostrare. Una seconda idea prevederebbe la trasformazione del Comune in ente produttore di energia, per rivendere ai privati la quota prodotta e non utilizzata. Per far ciò sarebbe obbligatoria una comunicazione all’U.T.F, l’ufficio tecnico provinciale della Guardia di finanza che riscuote le accise sull’energia venduta. Comunicazione che non è ancora partita. «Tra pochi giorni – spiega Barbagallo a MeridioNews – approveremo il bilancio in giunta, comprese le somme destinate alla gestione del cogeneratore, poi potremo cominciare a fare sul serio.» Con l’aiuto dell’energy manager del Comune Salvo Grasso.
La polemica politica. Se la proverbiale coperta è corta, di chi è la colpa? «In fase progettuale – dichiara ancora il primo cittadino – io avrei fatto altre scelte, ma ormai l’impianto è lì e dobbiamo individuare soluzioni.» Il suo predecessore, però, rispedisce l’allusione al mittente e difende l’utilità dell’opera: «Senza elementi di innovazione come il cogeneratore – ricorda Nino Garozzo – difficilmente l’Ue ci avrebbe accordato l’intero progetto.» Secondo l’ex sindaco ottenere un finanziamento da 4,5 milioni di euro per ristrutturare il palazzo di via Lancaster è «un risultato che si commenta da solo. Non sottovaluterei, tra l’altro, l’importanza della messa in sicurezza degli impianti», che avrebbe messo fine ai frequenti (e pericolosi) sovraccarichi registrati negli scorsi anni.