Ad aggiornare sull'opera ed eventuali prospettive è stato l'ad di Enel Francesco Starace. I nodi però sono tanti. Fabio Cardona (Unipa) spiega pro e contro di una delle infestrutture che puntano ad allentare la dipendenza energetica dall'Est
Porto Empedocle, torna in auge il piano per il rigassificatore A cosa servirebbe e perché il progetto non è ancora avviato
«Un miliardo circa per attrezzare la Sicilia a ricevere navi gasiere». La dichiarazione dell’amministratore di Enel Francesco Starace, in occasione del convegno sulla sicurezza energetica organizzato dalla fondazione Merita, è servita a rilanciare il dibattito sulla possibilità di realizzare un nuovo rigassificatore in Italia. Tra i progetti di Enel fermi c’è quello a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. L’iniziativa, legata a un piano che risale a inizio anni Duemila e che aveva già avuto le autorizzazioni ambientali dal ministero, da oltre un lustro è stato messo in cantina. Un po’ per i malumori delle comunità locali, che hanno spinto le giunte comunali a ricorrere alla giustizia amministrativa, un po’ per la non necessità in quel momento di procedere alla costruzione di un’infrastruttura costosa e poco competitiva rispetto alle più comuni forme di approvvigionamento di gas. Tuttavia lo scoppio della guerra in Ucraina, il tentativo di isolare la Russia e il rischio che Vladimir Putin adotti ritorsioni tramite la riduzione delle forniture energetiche all’Europa, hanno stravolto lo scenario. E così, oggi, parlare di rigassificatore assume un significato tutto nuovo. Nella consapevolezza che la strada per le rinnovabili è sì da intraprendere, ma non breve.
L’idea rigassificatore in Sicilia ha suscitato l’opposizione del Movimento 5 stelle che qualche settimane fa ha pubblicamente chiesto all’assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà di esprimersi sull’opportunità di avere un impianto a poche decine di chilometri dalla valle dei Templi e non lontano dalla Scala dei Turchi. A livello nazionale, invece, gli stessi cinquestelle al momento si mostrano più attendisti. Ma come funziona un rigassificatore? «Si tratta di un impianto che consente di restituire allo stato aeriforme il gas che arriva liquefatto tramite speciali navi – ha spiegato Fabio Cardona, docente di Gestione dell’energia all’Università di Palermo, intervenuto nella trasmissione Direttora d’aria, in onda su Radio Fantastica e Sestarete -. Per renderlo liquido, la temperatura del gas viene abbassata a circa 160 gradi sotto lo zero. Il ritorno allo stato aeriforme avviene utilizzando l’acqua del mare, a cui viene ceduta l’energia frigorifera». Nessun processo, quindi, che implichi l’utilizzo di fiamme e produca emissioni. «Le uniche preoccupazioni sono legate ai possibili cambiamenti nell’ecosistema marino, ma si possono prendere precisi accorgimenti. Per il resto il gas è infiammabile, ma in questo caso basta prestare le opportune precauzioni», ha continuato Cardona, spiegando anche che, una volta tornato allo stato aeriforme, il gas verrebbe convogliato verso la rete gestita da Snam.
A oggi in Italia sono presenti soltanto tre gassificatori. Il motivo dell’esiguità del dato va ricercata in alcuni fattori, ma il principale è il costo. «Il processo energetico necessario alla rigassificazione è importante, ciò fa sì che il gas che arriva già allo stato aeriforme tramite le cosiddette pipeline costi meno – ha proseguito il docente di Unipa -. Per questo quando si costruisce un rigassificatore c’è l’esigenza di stipulare contratti di lunga durata che garantiscano alla società un ritorno certo dall’investimento iniziale». In ogni caso per Cardona, la situazione attuale è tale da spingere istituzioni e cittadini ad affrontare il tema con uno sguardo laico, «cercando di capire quali sono i pro e i contro».
Per completare il progetto in provincia di Agrigento – che fu presentato da Nuove Energie srl, al cento per cento di proprietà di Enel Global Trading – passerebbero comunque alcuni anni. Tra coloro che hanno chiesto maggiori delucidazioni al governo nazionale c’è il deputato nazionale del M5s Filippo Perconti. «Ho presentato un’interrogazione al governo per capire cosa voglia fare a Porto Empedocle – ha detto l’esponente cinquestelle originario dell’Agrigentino, anche lui intervenuto a Direttora d’aria – Nelle premesse ho inserito tutte le criticità avanzate dagli ambientalisti e degli amministratori locali». Tra questi ci sono il tema dell’impatto paesaggistico, con un pensiero al turismo e al fatto che la valle dei Templi è uno dei siti Unesco presenti in Sicilia, ma anche fattori come la sicurezza. «Ricordiamo che quel territorio si trova a venti minuti da Ravanusa», ha aggiunto Perconti, richiamando la tragedia dello scorso anno.
Dal canto suo il parlamentare nazionale fa una riflessione che tiene conto del contesto attuale. «II tema energetico è centrale. Questa opera – ha commentato – è strategica per l’Italia perché noi riceviamo il gas dalle pipeline e i rigassificatori ci permetterebbero di avere le mani più libere anche nelle trattative con altri stati Azerbaijan, Algeria e Libia. Detto questo, è anche vero che è giusto discutere con le popolazioni locali, tenendo conto che a Porto Empedocle ci fu un referendum in cui i residenti si espressero con un no al rigassificatore». Che soluzioni alternative alla dipendenza energetica dall’Est Europa vadano trovate è indubbio: «Per calmierare le bollette, questo governo ha messo sul piatto 20 miliardi di euro, parliamo di una somma molto più grande di quella investita per il reddito di cittadinanza, eppure ai cittadini sono arrivate bollette più salate», ha concluso Perconti.