Il provvedimento coinvolge Santino Napoli, ex consigliere di Milazzo, e Giuseppe Busacca. La criminalità organizzata avrebbe avuto la possibilità di investire in attività di intrattenimento il denaro stanziato dallo Stato
Mafia, maxi-sequestro a referenti dei barcellonesi Soldi per formazione e anziani utilizzati per altro
Un maxi-sequestro di beni è stato disposto dal tribunale di Messina nei confronti di Santino Napoli e Giuseppe Busacca. Il primo, infermiere oggi in pensione e in passato consigliere comunale di Milazzo, è stato condannato (la sentenza non definitiva) e attualmente ai domiciliari con l’accusa di avere contribuito agli interessi della mafia barcellonese, favorendo l’aggiudicazioni di appalti a imprese vicine alla famiglia di Cosa nostra. Sempre Napoli si sarebbe mosso per individuare le ditte da sottoporre a estorsione. A parlare di lui sono stati diversi collaboratori di giustizia, indicandolo come un soggetto che avrebbe gestito attività imprenditoriali per conto dei boss.
Nel corso delle indagini è emersa anche la figura dell’imprenditore Giuseppe Busacca. L’uomo, attivo nel settore della formazione e dell’assistenza, è titolare di diverse cooperative. Per gli investigatori Busacca avrebbe partecipato agli investimenti nel settore dell’intrattenimento per conto della mafia, sfruttando anche erogazioni pubbliche, ottenuti tramite appalti in comuni siciliani e non. Sotto la lente degli inquirenti sono finite così diverse attività, tra discoteche, sale per cerimonie, lounge bar, ristoranti, alberghi e numerosi immobili.
Per dissimulare la riconducibilità dei beni ai boss sarebbero state costituite una serie di società cartiere, molte delle quali capaci di ottenere fondi per la formazione professionale e l’accudimento degli anziani. I soldi sarebbero poi stati utilizzati per altro. Soltanto tra il 2000 e il 2014 sarebbero stati incassati oltre cento milioni di euro. La misura di prevenzione emessa dal tribunale ha disposto i sigilli per 16 società. Le truffe hanno riguardato anche i fondi europei destinati all’agricoltura e le imprese coinvolte nell’inchiesta hanno anche percepito circa mezzo milione di euro di ristori legati alla pandemia.