«Era una cosa messa in conto», dice a MeridioNews la medica che ha contratto il coronavirus durante un turno complicato. «Il cordless si era scaricato e, per comunicare coi reparti e la centrale operativa, ho aperto la tuta e preso il cellulare», racconta
Covid, dottoressa positiva dopo notte in Pronto soccorso «Quello che è capace di fare questo virus è terrificante»
«Era una cosa messa in conto». Lo dice con consapevolezza una dottoressa in servizio in un Pronto soccorso Covid siciliano risultata positiva dopo un turno di notte di fuoco, tra ambulanze, pazienti che continuavano ad arrivare e poco personale. «Stando sempre a contatto con pazienti Covid – racconta la medica a MeridioNews – siamo più protetti rispetto ai colleghi, ma quello è stato un turno piuttosto particolare. Un turno di notte molto lungo, eravamo un medico, un infermiere e un operatore socio-sanitario. Molte ore senza bere, senza mangiare. Non c’è stato il tempo – aggiunge – abbiamo avuto una serie di codici rossi uno dietro l’altro».
«Molti erano casi complessi, due persone erano in condizioni molto gravi, con problemi respiratori e una saturazione bassissima – continua la dottoressa – In quel momento, dovevo assistere i pazienti, gestire la zona pulita e stare in costante contatto telefonico con la centrale operativa, con la foga di liberare il campo per consentire alle ambulanze in attesa di portarci gli altri pazienti». Momenti concitati, poco tempo per agire e molte cose da fare. Così è arrivato l’errore.
«Ero rimasta senza telefono – ricostruisce la medica – si era scaricato il cordless, fondamentale per comunicare con i reparti e la centrale operativa, e ho dovuto aprire la tuta per prendere il mio cellulare, ma non mi sono accorta che non avevo chiuso bene. È stato l’operatore socio-sanitario a farmelo notare e lì ho capito che qualcosa doveva essere andato storto». La donna si è immediatamente fatta controllare e ha insistito anche dopo che il primo test aveva dato esito negativo. «Me lo sentivo, ho insistito per avere un tampone e, alla fine, sono risultata positiva», spiega la dottoressa che adesso è in isolamento, è solo lievemente sintomatica ma da giorni non vede la sua famiglia.
«È cominciato con un lieve raffreddore, poi ho avuto dei dolori. Niente di più – racconta – e adesso sto già meglio. Mi lasciano il cibo dietro alla porta, faccio molte videochiamate, a mio figlio ho detto che andava in vacanza dai nonni». La cosa che più la turba è, però, quello che ha visto durante le ore di lavoro. «Quello che è capace di fare questo virus è terrificante. Ho ricoverato due pazienti che fino a qualche giorno prima stavano bene e all’improvviso saturavano a 70 e non arrivavano a più di 85 con la maschera dell’ossigeno. Altri che chiedevano notizie dei genitori positivi e, dopo qualche giorno, erano in ospedale in condizioni critiche».
E i numeri continuano a non promettere niente di buono, anche se in molti ospedali sta arrivando nuovo personale medico, assunto appositamente, con contratti a tempo, per fronteggiare l’emergenza. «I numeri continuano a crescere – dice ancora la dottoressa – moltissimi sono asintomatici o, comunque, non stanno talmente male da richiedere il ricovero, ma è logico pensare che tra questi almeno una piccola percentuale si aggraverà e noi di fatto non sappiamo dove mettere i pazienti. Si passa il tempo a cercare posti liberi – spiega – Bisogna organizzarsi, arrivano ambulanze anche da altre parti della regione e se non ti coordini bene rischi di lasciare il paziente senza posto. Mancano delle Terapie sub-intensive per pazienti che non stanno così male da dovere essere ricoverati in Terapia intensiva, per poterli assistere in caso di peggioramenti. Manca personale medico, mancano soprattutto infermieri».