La pioggia torrenziale che ha colpito l'area tirrenica ha riportato l'attenzione sui rischi legati alla mancata manutenzione dei territori. La Regione cerca progettisti per cinque interventi negli alvei fluviali, ma ad averne bisogno sarebbero molti di più
Paura dei nubifragi, Musumeci: «Fare prevenzione» Ma da due anni non ci sono soldi per fiumi e torrenti
Cinque interventi a fronte di oltre diecimila corsi d’acqua che andrebbero tenuti d’occhio, appena cinque milioni invece di chissà quanti ne servirebbero. Dopo il nubifragio che si è abbattuto sulla costa tirrenica, tra Messina, Barcellona Pozzo di Gotto e Terme Vigliatore, l’attenzione è tornata sui danni che il maltempo può causare, nonostante sia estate e benché non sia di certo una novità per la Sicilia. Tra l’uso improprio dell’espressione bomba d’acqua e il rimbalzo sui social di fotografie e imprecazioni dei cittadini, il governo regionale ha rilanciato la posta sul tavolo della prevenzione, con tanto di vertice annunciato per mercoledì. «Dovrà venir fuori un programma di interventi concreti per tentare di porre fine a questo continuo calvario. Non è la prima volta che si contano i danni e non sarà l’ultima se non si lavora subito per eliminarne alcune cause», ha detto il presidente Nello Musumeci. Dichiarazioni a parte, è lecito chiedersi cosa è stato fatto e cosa si farà in un settore che – al pari di quello dei rifiuti – da anni viaggia sui binari delle urgenze.
A occuparsi dei rischi derivanti dal dissesto idrogeologico in Sicilia c’è una struttura commissariale, il cui soggetto attuatore è l’ex assessore di Crocetta Maurizio Croce. Tuttavia, proprio sotto il governo Musumeci ha visto la luce l’Autorità di bacino, dipartimento a cui è stata demandata la manutenzione di tutto ciò che riguarda la gestione del patrimonio idrico. L’Autorità è stata costituita con l’obiettivo di creare una regia centralizzata per quegli interventi un tempo di competenza del Genio civile, ma soprattutto per cercare di far sì che i letti di torrenti e fiumi non si trasformino in minacce per strade, campagne e centri abitati. Così come dimostrato, peraltro pochi mesi dopo la nascita dell’Autorità, dalla tragedia di Casteldaccia. In questi due anni, tuttavia, l’attività del dipartimento è stata ridotta all’osso tra incombenze burocratiche per entrare a regime e la cronica mancanza di risorse a disposizione.
Proprio in questi giorni, sono stati pubblicati avvisi per cercare professionisti che realizzino i progetti per gli interventi da effettuare su cinque corsi d’acqua: il torrente Mazzarrà (Messina), il fiume Milicia (Palermo), ovvero quello che esondò a Casteldaccia, il vallone Cefalà (Palermo), il fiume Carboj (Agrigento) e fiume Delia (Trapani). In totale poco più di cinquanta chilometri. «Le aree di intervento sono state definite in base a criteri di pericolosità e rischio idraulico individuati nei piani per l’assetto idrogeologico, alle previsioni del piano di gestione del rischio alluvioni, a segnalazioni di eventi calamitosi», si legge nell’avviso firmato dal segretario generale dell’Autorità Francesco Greco.
La manifestazione d’interesse rivolta ai privati arriva dopo che, nei mesi scorsi, è andato deserto un atto d’interpello rivolto al personale interno della Regione. I dipendenti, così come previsto dal codice degli appalti, avrebbero dovuto lavorare alla progettazione e alla redazione del piano di sicurezza senza alcun incentivo economico supplementare. Adesso i professionisti avranno tempo fino al 28 agosto per partecipare. Raccolti i curricula ritenuti adeguati, l’Autorità di bacino sorteggerà i professionisti con cui si poi si negozierà il ribasso rispetto alle basi d’asta previste per i singoli interventi. Dopo bisognerà pensare alla selezione delle imprese che dovranno effettuare le opere. Passaggi che quasi certamente faranno slittare la manutenzione all’anno prossimo.
L’avere individuato cinque zone particolarmente bisognose si accompagna alla consapevolezza di come il fabbisogno d’attenzione degli alvei sparsi per l’isola sia decisamente più grande. Di soldi, insomma, ce ne vorrebbero ben più dei cinque milioni, ma per il momento bisogna fare il pane con la farina che si ha. Che non è tanta e arriva anche da fuori: le risorse infatti sono state recuperate da fondi statali, mentre nelle ultime due finanziarie regionali il governo Musumeci e l’Ars non hanno destinato alcuna somma all’Autorità di bacino. Un possibile aiuto potrebbe arrivare dai fondi che l’Unione europea destinerà all’Italia per la ripresa economica in seguito all’emergenza Covid. Al vaglio dei funzionari ministeriali c’è la possibilità di utilizzarne una parte per la protezione del territorio. Che, se fragile e abbandonato, difficilmente può trasformarsi in un trampolino.