Ai dirigenti dell'organismo tocca raccogliere i cocci dello scandalo dopo «la botta» dell'annullamento del concorso decretato dal Tar di Catania. La voce di chi ha fatto ricorso e le possibili prossime mosse del direttivo per il 2020, «l'anno della svolta»
Parentopoli Etna, la palla al Collegio delle guide Gli esclusi: «Imboccare strada di trasparenza»
Da una parte i ricorrenti, soddisfatti per una sentenza del Tar che forse neanche loro stessi si aspettavano così favorevole. Dall’altra, i dirigenti post-scandalo del Collegio regionale delle guide alpino-vulcanologiche cui tocca raccogliere i cocci della parentopoli dell’Etna. La sentenza del Tar di Catania che ha cancellato l’intero concorso macchiato dalle presunte manovre che i padri – gli ex vertici del Collegio – avrebbero messo in atto per agevolare i figli chiama l’organismo a decisioni «chiare, all’insegna di trasparenza e legalità». Ne è convinto Dario Teri, esponente di Federscursionismo Sicilia ma soprattutto uno dei firmatari dei ricorsi accolti dalla giustizia amministrativa. «Certo, ci sarebbe piaciuto che il Collegio delle guide non ci avesse fatto arrivare fino a questo punto, intervenendo prima anche a tutela di coloro che quel concorso lo avevano vinto senza barare», dice commentando la decisione.
Il Tar ha annullato il concorso che, a maggio 2018, era piombato fra polemiche, ricorsi ed esposti in procura. Tutto era sfociato nell’inchiesta Aetna, costata finora un rinvio a giudizio per abuso d’ufficio all’ex presidente del Collegio Biagio Ragonese, ai componenti del direttivo Antonio Rizzo e Orazio Distefano e alle figure che entrarono a far parte della commissione d’esame. Le procedure della nomina del presidente della commissione Mario Taller, secondo il Tar, avrebbero determinato un «vizio di eccesso di potere» che, fra le altre cose, ha reso inevitabile la scelta dei giudici. Il concorso organizzato dal Collegio rappresenta l’unico accesso alla professione di guida autorizzata a lavorare sui crateri di Etna e Stromboli, un ambito lavorativo in costante crescita.
Dopo un consulto legale, secondo quanto si apprende da fonti interne, il Collegio regionale delle guide alpino-vulcanologiche quasi certamente prenderà atto della decisione del Tar e revocherà i patentini – di fatto già nulli – dei 19 vincitori del concorso, tra cui i figli di. L’attuale presidente del Collegio Cesare Cesa Bianchi, eletto dopo lo scandalo, aveva dichiarato di voler attendere le decisioni di magistratura penale e amministrativa. «Oggi è il momento di essere conseguenziali – aggiunge Dario Teri – e di imboccare la strada della trasparenza, affinché altri scandali non si ripetano nei futuri concorsi».
«Faremo quello che è giusto fare – fanno sapere dall’organismo che riunisce gli unici professionisti abilitati a lavorare ai crateri di Etna e Stromboli – a tutela anche del buon nome di una categoria che ha subito un danno d’immagine non solo regionale, ma anche nazionale». La botta si è fatta sentire, nessuno lo nasconde. Ecco perché plausibilmente il Collegio non farà appello al Cga, una partita che invece, più verosimilmente, giocheranno i vincitori che rischiano di perdere la professione, finora esercitata senza ostacoli.
«Noi non siamo contro quei ragazzi, nulla di personale – sottolinea Teri – il nostro unico interesse è che venga ristabilita la legalità». Un sfida che il direttivo del Collegio – dove siedono, oltre a Cesa Bianchi, anche Franco e Filippo Emmi, Giuseppe Mazzaglia, Sebastiano Russo e Giuseppe Amendolia – intende affrontare nel 2020, un anno «che dovrà essere di svolta», fanno sapere. L’obiettivo è di bandire un nuovo concorso per abilitare guide, «stavolta senza lasciare spazio a potenziali equivoci», ma anche di regolarizzare la figura delle guide di media montagna per «incentivare il lavoro dei giovani e mettere l’intero sistema sui binari giusti».