Si è conclusa con due ordinanze di custodia cautelare - in carcere e ai domiciliari - l'indagine della procura di Catania sul fallimento della società di sorveglianza etnea. L'imprenditore Mario De Felice e la moglie Giovanna Genovese dovranno ora rispondere di bancarotta fraudolenta. Secondo la procura, attingevano alle casse dell'azienda per scopi personali, sottraendo i soldi ai creditori
Arrestato l’imprenditore de La Celere Fondi aziendali per comprare casa alle figlie
Prendeva a piene mani dalle casse dell’azienda per acquistare immobili per moglie e figlie. E’ con questa accusa che la procura di Catania ha ottenuto dal giudice etneo l’arresto di Mario De Felice, imprenditore a capo della società di sorveglianza La Celere ed ex assessore del Comune etneo durante la giunta Scapagnini. Per la moglie Giovanna Genovese il gip ha invece disposto gli arresti domiciliari. Entrambi dovranno rispondere di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale per il fallimento dell’azienda di famiglia. La guardia di Finanza, intanto, ha provveduto al sequestro di quote degli immobili di proprietà delle figlie dei De Felice e della società 2858 srl, nata dopo il fallimento de La Celere e adesso affidata a un amministratore giudiziario. Somme che serviranno a tutelare i creditori, finora in attesa dei propri soldi.
Sul fallimento della società di sorveglianza La Celere, a novembre 2009, la procura aveva aperto un’inchiesta dopo le denunce di lavoratori e sindacati. Dalle indagini, fa sapere oggi l’ufficio etneo, è emerso che De Felice, dal 2005 fino a dopo il fallimento, avrebbe trasferito ingenti somme dal patrimonio della società a quello della famiglia. I soldi de La Celere, spiega la procura, sono serviti per acquistare due immobili a Sant’Agata Li Battiati intestati a moglie e figlie e per finanziare con oltre due milioni e mezzo di euro l’acquisto di una motonave turistica per un’altra società riconducibile a De Felice. Tutte attività che niente avevano a che fare con la sorveglianza e che avrebbero aggravato la situazione debitoria dell’azienda, portandola al fallimento.
Ma non solo. «La Celere ha operato sul mercato alterando gravemente le regole della libera concorrenza scrive in una nota la procura di Catania – con ricadute in danno anche degli altri operatori economici del settore». La 2858 srl, società nata dopo il fallimento de La Celere, avrebbe infatti acquisito senza spese attrezzature e clienti della precedente azienda, potendo quindi proporre sul mercato condizioni «potenzialmente idonee ad emarginare le società che operano secondo criteri legali di economicità».