A parte una breve parentesi della parte civile, a concludere l'esame sono gli avvocati del cronista. E a tornare in ballo è l'ex giudice Silvana Saguto. «So che nel 2015 lei è stata in caserma a Partinico, non penso l'abbia ricevuta un usciere o un appuntato»
Caso Maniaci, pm rinuncia all’esame del giornalista «Mi accusano e poi non hanno nessuna domanda?»
Tentata estorsione e diffamazione. Sono queste le accuse a cui deve rispondere, da gennaio 2017, il giornalista di Telejato Pino Maniaci. Accuse mosse dalla procura di Palermo, che lo ha visto finire, quasi a sorpresa, nel calderone di un’indagine antimafia condotta sui mandamenti di Partinico e Borgetto. La famosa operazione Kelevra, che all’epoca ha visto comparire tra nomi di presunti boss e gregari anche quello del cronista oggi alla sbarra. Accuse dalle quali si è sempre strenuamente difeso. E rispetto alle quali oggi il magistrato che si occupa del caso non sembra avere domande. La pm Amelia Luise infatti rinuncia all’esame di Maniaci, che durante le ultime due udienze si è seduto sul banco dei testimoni per deporre. «Mi accusano ma nessuno ha domande da farmi?», si interroga il cronista. Mentre oggi in aula Amelia Luise neppure c’è. Al suo posto una pm non togata.
A concludere l’esame sono, perciò, gli avvocati Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino, che rappresentano Maniaci. E un avvocato di parte civile, uno dei pochi presenti a questa prima udienza dopo il rientro dalla pausa estiva. «Maniaci ha le ore contate». È una delle tante frasi intercettate dell’ex presidente delle Misure di prevenzione Silvana Saguto rispolverata oggi per l’occasione. Il cronista ha sempre sostenuto che da parte dell’ex giudice ci sarebbero state non poche pressioni perché la procura lo indagasse. E in effetti di questa chiara volontà della donna ne è rimasta traccia nelle numerose intercettazioni a suo carico, quelle che in parte hanno contribuito a fare venire a galla il cosiddetto cerchio magico di Silvana Saguto, per il quale oggi è sotto processo a Caltanissetta insieme a colleghi e funzionari dell’epoca, avvocati, amministratori e famigliari.
Pressioni che non si sarebbero solo limitate ai colleghi della procura palermitana. «È noto che lei abbia delle amicizie a Partinico – spiega in aula oggi Maniaci -. Io so che lei è stata anche in caserma a Partinico, qualcuno deve averla ricevuta. E non penso che un magistrato sia stato ricevuto da un usciere o un appuntato, penso l’abbia accolta quello che all’epoca era il capitano. Ci andò nel 2015, prima dello scandalo». Ma il giornalista tira in ballo anche alcune altre intercettazioni in cui la ex giudice parla apertamente del caso Maniaci, depositate nel corso del processo a suo carico a Caltanissetta. Stralci di conversazioni, come quella avuta col tenente colonnello Rosolino Nasca (tra gli imputati con Silvana Saguto ndr), che avrebbe ricevuto notizie dalla caserma dei carabinieri proprio di un’indagine in corso sul giornalista. «Ho parlato con Del Bene, “tu stai tranquilla, vedrai che tutto si sistemerà, ci dicono di andare coi piedi di piombo”. Perché poi si trasforma in vittima se lo prendono. Sono tre mesi che per ora è muto, sarebbe il momento migliore – diceva l’ex giudice proprio al telefono con Nasca, a proposito di Maniaci -. Posso immaginare che è amico di mezzo mondo, tutto quel genere di gente…bene non ne fa questo, è sicuro, è alleato di tutti mafiosi, devi tirare le somme».
«Nei primi mesi del 2015 – ricorda ancora Maniaci – sono stato chiamato da un giornale nazionale che mi diceva che ero stato denunciato e querelato dall’avvocato Cappellano Seminara (tra gli imputati di Caltanissetta ndr) per stalking. Il mio commento è stato ironico. Il problema è che da allora io questa querela non l’ho mai ricevuta. Neppure da parte della giudice Saguto, che in varie intercettazione parla di denunce contro di me. Ma ad oggi io non ne so niente». Così come lo stesso Maniaci dal canto suo, malgrado i numerosi attacchi racoclti durante i suoi vent’anni a Telejato, non ha mai querelato nessuno. «Reputo la querela una mannaia, un modo di fermare, bloccare e intimidire l’altra persona – spiega in aula lo stesso cronista -. Il diritto eventualmente di replica, di potersi difendere nelle sedi anche televisive e giornalistiche per me è più consona come soluzione rispetto a una denuncia penale. Sopporto abbastanza bene tutto quello che mi hanno fatto, nel senso che lo sopportano i miei avvocati».
Mai nessuna querela, infatti, neppure per il giornalista Michele Giuliano, parte civile in questo processo, che Maniaci ha anche definito in passato uno stalker. «Vent’anni fa lavorava a Telejato, poi è andato via per motivi suoi, lavorando con altre emittenti. Ne è nato una specie di antagonismo, da allora mi ha tartassato con servizi televisivi su blog e siti, dovunque possa attaccarmi lui mi attacca, ovunque si trovi fa così», spiega Maniaci. Per il quale, quindi, l’unico strumento possibile cui ricorrere, che sia lui a doversi difendere o qualcun altro, è la replica. Cui, a suo dire, Telejato avrebbe sempre dato spazio, chiunque la chiedesse. «L’ho fatto per l’ex sindaco De Luca quando lo ha richiesto, come per tutti gli altri che sono stati maltrattati per così dire dalla nostra testata, dall’ex sindaco di Partinico Lo Biundo, dall’ex di Balestrate Milazzo, e così via. E vale oggi come allora».