Si chiama Andrea Maccarrone ed è di Catania il giovane che è rimasto per ore davanti a palazzo Madama a urlare «vergogna» ai senatori che hanno negato il processo al ministro. «Violare i valori della Costituzione è una grave ferita», racconta a MeridioNews
Il catanese che ha contestato Salvini davanti al Senato «Mani tinte di rosso per denunciare un duplice delitto»
«Ero lì per denunciare che il Senato stava commettendo un duplice delitto, avallando la morte di persone nel Mediterraneo ma anche quella di alcuni valori fondamentali della nostra Costituzione». Con le mani dipinte di rosso, ieri Andrea Maccarrone, catanese residente a Roma da diversi anni, è andato a manifestare davanti a palazzo Madama mentre era in corso il voto per la richiesta di procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini accusato di sequestro di persona per la vicenda della nave Diciotti bloccata, la scorsa estate, al porto di Catania. Con 237 voti, il Senato ha negato il processo al leader della Lega. «È una ferita molto grave del principio costituzionale sancito nell’articolo 13: “La libertà personale è inviolabile“. Con ciò che è accaduto ieri – spiega il giovane a MeridioNews – in quell’aula è venuto meno un cardine del diritto delle minoranze, un precedente gravissimo che fa passare il concetto per cui per la sicurezza nazionale possono essere violati principi fondamentali».
Fermato e identificato dalla polizia e dai carabinieri, Andrea è rimasto comunque tutto il tempo davanti al palazzo nel cuore del centro storico della Capitale in attesa che i senatori uscissero. «Quando ho visto alcuni dei politici che hanno votato per evitare il processo a Salvini, come Vito Crimi (senatore del Movimento cinque stelle, ndr), il pentastellato ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e Daniela Santanché (senatrice di Fratelli d’Italia, ndr) ho urlato “vergogna, vergogna” perché davvero è quello che provo per ciò che hanno fatto». L’incontro ravvicinato con il vicepremier, in realtà, non c’è stato «perché quando è uscito accerchiato dagli uomini della sicurezza, si è allontanato velocemente su via della Scrofa. Ho urlato la stessa parola anche a lui e ho provato a inseguirlo ma – afferma Maccarrone – sono stato energicamente fermato dalle forze dell’ordine che già mi avevano identificato».
Già in mattinata polizia e carabinieri hanno più volte detto al ragazzo che «lì non sarei potuto rimanere perché, secondo loro, stavo facendo una manifestazione non autorizzata». Attivista di lungo corso del movimento lgbt – che ha ricoperto anche il ruolo di presidente del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli – Maccarrone ha risposto che «in realtà, era solo un modo per esprimere la mia opinione e che non stavo commettendo nessun reato». Le mani rosse alzate e bene in vista hanno attratto e incuriosito cittadini, turisti e diverse scolaresche in gita. «È stato bello parlare e confrontarmi soprattutto con molti ragazzi, poi – dice sorridendo – due turiste australiane si sono addirittura premurate di portarmi dell’acqua. In tanti si sono fermati a chiedermi cosa stessi facendo e perché». Non sono mancate anche contestazioni e gesti di disappunto «ma, almeno, anche queste persone hanno dovuto fermarsi a riflettere su quanto stava accadendo dentro quel palazzo», dice Maccarrone stupito del fatto di essersi ritrovato solo davanti al Senato.
Andrea era sul molo di Catania, lo scorso agosto, quando la nave Diciotti è arrivata e quando, dopo giorni di attesa, è stato consentito lo sbarco dei migranti. «E sono anche uno dei molti cittadini che ha poi presentato un esposto alla procura etnea contro il ministro Salvini». Una vicenda che Maccarrone ha, quindi, seguito sin dall’inizio «fino a decidere di mettermi con il mio corpo in piazza per denunciare un potere che pretende di essere assoluto, di non rendere conto alla giustizia facendosi forte della maggioranza in parlamento e del consenso popolare dovuto al crescente clima di odio nel nostro Paese. Dobbiamo, in ogni modo – conclude l’attivista – difendere i valori della democrazia e della costituzione e lottare contro chi viola questi diritti in nome di un presunto interesse nazionale».