Caltanissetta, proiettile a una dirigente della polizia Ha indagato su Montante. È il terzo caso in 15 giorni

Il calibro stavolta è diverso, ma la sensazione che si tratti di un episodio da mettere in correlazione con quelli accaduti prima al presidente della commissione regionale Antimafia, Claudio Fava, e poi al procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone, è forte. Un altro proiettile è stato destinato questa mattina alla capa della Squadra mobile di Caltanissetta Marzia Giustolisi. Ad accompagnare la busta, recapitata negli uffici della questura, un messaggio con delle minacce. La procura del capoluogo nisseno ha aperto un fascicolo. 

Giustolisi è la dirigente della polizia che si è occupata dell’inchiesta su Antonello Montante, l’ex numero di Confindustria Sicilia arrestato a maggio con l’accusa di essere al vertice di una rete di contatti eccellenti – figure di spicco della politica, esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti – che si sarebbe mossa nel tentativo di occultare la frequentazione dell’imprenditore con i capi mafia di Serradifalco, Paolo e Vincenzo Arnone, e, più in generale, avrebbe gestito un potere basato sulla capacità corruttiva e sulla rivelazione di notizie coperte da segreto d’ufficio.

A distanza di cinque mesi dall’arresto, Montante in questi giorni sta attendendo la decisione, prevista per i prossimi giorni, sulla richiesta di rinvio a giudizio, insieme agli altri protagonisti del filone che non riguarda la parte politica di un’indagine intricata, probabilmente la più complessa degli ultimi anni in Sicilia. 

Il percorso di avvicinamento verso il pronunciamento del gup non è stato per nulla sereno. Anzi, lancia un’ombra inquietante – ma a suo modo anche surreale – sul contesto in cui si situano i fatti finiti nel mirino degli inquirenti. Nonostante al momento non si sappia quale sia il contenuto del messaggio di minacce recapitato alla dirigente della Squadra mobile, è inevitabile riprendere quanto trapelato sulle scritte inviate a Fava e Bertone: un «invito accorato», come lo definisce chi ha avuto modo di leggerne uno, a impegnarsi di più nei confronti di Montante e della sua presunta cricca. Perché altrimenti sarà necessario che intervengano gli autori degli avvertimenti: tanto nei confronti dell’imprenditore quanto di chi non avrebbe fatto abbastanza per fare emergere la verità. «In Sicilia c’è chi vorrebbe politica, magistratura e inquirenti silenti e obbedienti – si legge in una nota a firma di Fava -. Sappia che non raggiungerà i suoi scopi. La nostra solidarietà e la nostra massima attenzione per il capo della squadra mobile di Caltanissetta».

Solidarietà arriva anche dal presidente della Regione Nello Musumeci: «È inquietante la sequela di intimidazioni che, in pochi giorni, vede come bersagli, nella stessa città, prima il procuratore e adesso, il capo della Squadra mobile di Caltanissetta – dichiara il governatore -. Abbiamo fiducia nelle indagini che la magistratura saprà condurre per individuare gli autori di questo ignobile gesto. Il governo della Regione Siciliana è vicino a tutte le istituzioni dello Stato impegnate in un’operazione verità». A non volere commentare l’accaudo è invece la polizia di Caltanissetta. La sensazione è che si voglia mantenere un profilo basso davanti a una storia che inizia ad avere dell’incredibile. In tutti i sensi. 


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