Droga, la filiera corta della marijuana fatta in casa Tra gli arrestati pure due poliziotti e un carabiniere

Una filiera completa che – per la prima volta su vasta scala – produceva droga senza importarla dall’esterno, il che faceva diminuire notevolmente i costi di produzione. «Una nuova frontiera», spiega il dirigente della Mobile etnea Antonio Salvago, secondo il quale il modello di «coltivazione nostrana» sarebbe senza dubbio un salto di qualità. Nella mattina di oggi la polizia ha arrestato 21 persone ritenute a vario titolo responsabili dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla coltivazione, produzione, trasporto, detenzione cessione di sostanze stupefacenti, e ancora reati in materia di armi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e favoreggiamento personale. Tra gli indagati, sebbene con posizioni e compiti diversificati, ci sono anche due poliziotti e un carabiniere. L’operazione è stata denominata Beautiful hybrid, ovvero «ibridi belli», prendendo spunto dalla capacità dei narcoagricoltori – captata dalle intercettazioni – di combinare diverse qualità di erba per generare skunk o prodotti simili. 

Il 23 settembre 2017, a Scordia, in contrada Palma, la squadra mobile individua e sequestra una mostruosa piantagione da oltre 2500 piante di marijuana. L’indagine parte dal riscontro delle dichiarazioni di tre pentiti: a marzo 2017 a tratteggiare per primo i contorni del gruppo è un collaboratore di giustizia un tempo inserito nel clan Nardo di Lentini, poi si aggiungono le dichiarazioni di un ex esponente dei Cappello Bonaccorsi (giugno 2017) e di un fuoriuscito dal clan Mazzei (marzo 2018). Secondo gli inquirenti, a capo dell’organizzazione ci sarebbero il 39enne Antonino Cosentino, pregiudicato, il 47enne Carmelo Straniero, anch’egli pregiudicato, e il 46enne Matteo Oliva, quest’ultimo assistente capo della polizia in servizio alla scientifica di Catania. L’associazione a delinquere viene contestata anche a Andrea Straniero (classe 1996), Giovanni Nicolò Straniero (classe 1991), Umberto Beninato (classe 1977), Domenico Bonifacio (classe 1991) e Stefano Cianfarani (classe 1967). Proprio Cianfarani, in forza ai carabinieri di Palagonia, avrebbe garantito la sicurezza della piantagione. 

Gli altri nominativi inseriti nella ordinanza di custodia cautelare sono Giuseppe Calcò (classe 1967), Alessandro Cannizzaro (classe 1985), Fabio Gaetano D’Antona (classe 1976), Nello Ferrante (classe 1972), Salvatore Guzzone (classe 1973), Rita Maggiore (casse 1973), Santo Maggiore (classe 1971), Santo Musarra (classe 1991), Carmelo Privitera (classe 1966), Rocco Ragusa (classe 1973), Gabriella Rossitto (classe 1968) e Giuseppe Bennardo (classe 1968). Quest’ultimo, in servizio alla mobile di Catania ed ex assessore a Scordia (dal 2010 al 2012, in quota Pdl), avrebbe rivelato agli altri arrestati dettagli su indagini e sequestri. Cannizzaro, Ferrante, Musarra, Privitera, Rossitto e Bennardo vanno ai domiciliari, tutti gli altri in carcere. Il 21esimo indagato è irreperibile, la polizia lo sta cercando. 

«Per me sono alieni», ha dichiarato in conferenza stampa il procuratore capo Carmelo Zuccaro riferendosi ai due agenti e al militare finiti nella rete a strascico degli inquirenti. Secondo Salvago, gli indagati avevano una «notevole capacità di espansione», e avevano già predisposto un altro terreno che sarebbe stato destinato alla coltivazione di erba. Al momento non esiste una stima dei proventi già incassati (ma dalle intercettazioni emerge che erano stati già raccolti mille chili di prodotto) e di quelli che sarebbero arrivati dalla messa in vendita della droga sequestrata. I magistrati si limitano per adesso a definire i potenziali guadagni come «ingenti». La polizia avrebbe accertato che, in diverse occasioni, sarebbero stati Ragusa e Oliva a cedere lo stupefacente che poi veniva spacciato a Scordia, Palagonia e Militello in Val di Catania. Uno degli acquirenti sarebbe stato Fabio Gaetano D’Antona, di Riesi, in provincia di Caltanissetta. Sintomo – a detta dei pm – che il gruppo aveva una proiezione che superava i confini provinciali.

Intercettazioni, appostamenti e altri materiali di indagine hanno permesso alla mobile di documentare anche alcuni screzi interni all’organizzazione. In un caso, per esempio, il carabiniere Cianfarani, stizzito perché Oliva e Ragusa erano in procinto di stringere accordi commerciali con persone esterne al gruppo senza coinvolgerlo, avrebbe minacciato di abbandonare i soci, e di lasciare la maxi piantagione «senza vigilanza». Una vigilanza che, alla fine della fiera, è saltata lo stesso, il 23 settembre del 2017. 


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