Il procuratore di Catania è intervenuto in un convegno organizzato da Area democratica. Senza fare esplicito riferimento all'inchiesta su Proactiva, ma riproponendo le posizioni già assunte nel 2017. Posticipati, intanto, i controlli sui cellulari sequestrati alla organizzazione
Migranti, Zuccaro torna a parlare delle attività Ong «Hanno occupato lo spazio lasciato dai trafficanti»
Ventinove minuti di intervento davanti a una platea variegata, fatta di magistrati, autorità, agenzie internazionali e rappresentanti di quel governo giallo-verde che, con entrambe le anime, già l’anno scorso aveva dato sposato le sue posizioni, ben prima dell’alleanza post-elettorale e non senza scivolare nella strumentalizzazione politica. La partita di Carmelo Zuccaro con le Ong riparte dal Palazzo della Cultura di Catania, dove si sta svolgendo il convegno promosso da Area democratica per la giustizia dal titolo Le nuove frontiere dell’immigrazione.
Il capo della procura etnea, questa mattina, ha parlato delle problematiche nel contrasto giudiziario al traffico organizzato dei migranti. Un tema su cui Zuccaro si è espresso negli ultimi quindici mesi più volte, con affermazioni che hanno attirato le attenzioni dei media nazionali e dello stesso Consiglio superiore della magistratura. Un periodo nel quale a piazza Verga si è registrata prima l’apertura di un fascicolo conoscitivo sulle attività delle Ong nel Mediterraneo e poi, a marzo di quest’anno, l’avvio dell’inchiesta a carico di una specifica organizzazione non governativa, la spagnola Proactiva Open Arms accusata di associazione a delinquere al fine di favorire l’immigrazione clandestina. Ipotesi di reato che non è stata presa in considerazione dal giudice chiamato a pronunciarsi sul sequestro della nave – poi rilasciata dall’omologo ragusano – ma su cui la procura etnea continua a indagare.
Zuccaro, oggi, non ha fatto riferimenti espliciti all’inchiesta, anche se i riferimenti ai comportamenti messi in atto dalle organizzazioni non governative non sono mancati. «Per riuscire al meglio nel proprio business i trafficanti hanno cambiato modalità d’azione – ha detto il capo della procura -. Prima le navi madre viaggiavano fino al limite con le acque italiane. Poi, con l’aumento delle partenze e il miglioramento dei controlli, hanno scelto di accompagnare i migranti all’interno delle acque internazionali, indicando ai natanti su cui viaggiavano i migranti la rotta da seguire. Infine, per ottenere assoluta impunità, hanno optato per non entrare più nelle acque internazionali, spingendo i soccorritori ad arrivare al limite con le acque libiche». Un’esca a cui avrebbero abboccato solo le Ong. «Lo spazio lasciato libero giustamente dalle navi militari, il cui avanzamento non sarebbe auspicabile, è stato occupato dalle organizzazioni private», ha aggiunto Zuccaro, sottolineando la diretta proporzionalità tra l’arretramento dei trafficanti e lo spostamento in avanti della linea d’azione delle Ong. Il capo della procura ha anche ricordato come sulle navi delle Ong non ci siano ufficiali di polizia giudiziaria che possano documentare come avvengano i soccorsi, tema su cui già l’anno scorso si è acceso il dibattito con il netto rifiuto da parte delle organizzazioni umanitarie a trasformarsi in «uffici di polizia giudiziaria».
Il procuratore ha poi tirato in ballo il governo maltese, già accusato nei giorni scorsi dal ministro degli Interni, Matteo Salvini, di lavarsi le mani in tema di accoglienza. «Il centro di coordinamento della guardia costiera italiana opera in un’area Sar più grande di quella che gli spetterebbe. Stando ai regolamenti sulle Sar – ha specificato Zuccaro – l’Italia dovrebbe occuparsi di una zona di 500mila chilometri quadrati, che non confina con le acque libiche, perché in mezzo c’è l’area di competenza di Malta che però si rifiuta di occuparsene». Spazio poi a un altro tema scottante: gli accordi stipulati dal passato governo Gentiloni, e nello specifico dall’allora capo del Viminale Marco Minniti, con le autorità nordafricane nel controllo delle partenze. «Nel secondo semestre del 2017 i flussi si sono contratti a dimostrazione di come le dimensioni del traffico non dipendono soltanto dalla domanda, ma anche dall’impegno politico, perché se le autorità rinunciano al controllo il fenomeno sarà governato solo dai gruppi di trafficanti», ha rimarcato.
Riprendendo parte delle dichiarazioni rilasciate la scorsa primavera, quando aveva fatto riferimento esplicito all’esiguità dei mezzi a disposizione delle procure, Zuccaro anche stamani ha spiegato che per intercettare i trafficanti i costi al momento da sostenere sono improponibili, senza contare l’esistenza di difficoltà logistiche come il coinvolgimento degli operatori telefonici che gestiscono le comunicazioni in Libia. «L’Ue non può adagiarsi sul fatto che l’Italia sia stato l’unico paese europeo ad attuare misure di contrasto», ha concluso Zuccaro, guadagnandosi l’applauso della maggior parte dei presenti, tra i quali i neo-sottosegretari Stefano Candiani (Lega) e Vito Crimi (M5s).
Intanto, sul fronte dell’inchiesta su Proactiva, ieri il perito nominato dalla procura di Catania per analizzare i cellulari sequestrati al comandante Marc Reig Creus e alla capa missione Ana Isabel Montes Mier ha preso in mano per la prima volta i due apparecchi. I controlli, però, sono stati posticipati, per un motivo semplice: i telefoni avevano inseriti i rispettivi codici Pin. «I nostri assistiti hanno già fatto sapere che li forniranno. Non hanno nulla da temere», hanno chiosato i legali Rosa Emanuela Lo Faro e Alessandro Gamberini, entrambi presenti in sala mentre Zuccaro parlava.